Grazie alla consueta ma non scontata cortesia di Velier (nelle persone di Chiara Barbieri e Germano Pedota), siamo stati invitati alla presentazione di alcune referenze di Macallan presso la splendida cornice del Ceresio7 Pools & Restaurant a Milano. Ora, vi rendete perfettamente conto che tra i tanti peccati cui un uomo può concedersi, il rifiutare una degustazione un lunedì pomeriggio è forse tra i più deprecabili: e dunque uno di noi ha avuto cuore di sacrificarsi, oseremmo dire: di immolarsi sull’altare del senso del dovere.
Il luogo, che avevamo già visto sempre grazie a Velier e al gruppo Edrington (i più attenti ricorderanno la degustazione di Highland Park dell’anno passato), conferma la sua bellezza – rispetto a quel primo evento, qui risalta la deliziosa eleganza di Nicola Riske, Brand Ambassador di Macallan per il Sud Europa, senza nulla togliere al nerboruto Mikael Markvardsen di HP… A Nicola siamo particolarmente affezionati perché, al nostro primo Spirit of Scotland ormai 4 anni fa, proprio lei acquistò una maglietta di whiskyfacile: se pure non dovesse conservarla più, resterà senz’altro la nostra brand ambassador preferita, sappiatelo. Quanto a The Macallan, beh, pare superfluo dire che si tratta di uno dei marchi iconici per eccellenza: da decine di anni il brand coincide con il concetto stesso di scotch, e ha attraversato in lungo e in largo il mercato del lusso ben prima che la stessa idea venisse in mente ai piani intermedi dell’industria dello scotch. Sappiamo anche che negli ultimi anni ha dovuto difendersi da non poche (giustificatissime) critiche da parte dei whiskofili duri e puri, dopo aver abbandonato per molti imbottigliamenti sia l’indicazione dell’età che l’invecchiamento in sole botti ex-sherry, due dei capisaldi di Macallan nel corso di tutto il secondo Novecento (anche se alcune nuove release per altri mercati fanno intravedere possibili cambi di strategia) e dopo aver esplicitamente privilegiato il mercato del lusso puro con poco riguardo verso quella stessa comunità di appassionati che tanto aveva contribuito a rendere Macallan, beh, The Macallan.
Il percorso di degustazione è iniziato dal 12 anni ‘Fine Oak, da quest’anno reintrodotto sul mercato italiano – come già ricordavamo qui, proprio la serie Fine Oak è stata a suo tempo responsabile di quella diffusa disaffezione nei confronti di Macallan. Questo 12 anni è il risultato della miscela di tre tipologie di botti: quercia americana ex-bourbon, quercia americana ex-sherry, quercia spagnola ex-sherry – si tenga conto che il punto su cui maggiormente Nicola ha insistito è proprio l’investimento nei legni, dato che “il 70/80% del carattere del whisky è dato dalla botte”. Definito uno “springtime dram“, il 12 anni Fine Oak pare un’ottima introduzione al whisky, coerente con lo stile di molti Speysiders di media età: colpiscono, soprattutto al naso, note di canditi, di zenzero, forse perfino un accenno di lievito; certo note più rotonde di miele e mandorle agevolano la rotondità del palato, con un finale parso un po’ più ‘secco’, con qualcosa di frutta essiccata (albicocche?). Complessivamente è un buon whisky, meritevole (indicativamente) di un 84/100.
Secondo whisky lasciato a circolare liberamente nell’organismo del nostro inviato Jacopo è stato il Macallan Sienna, che già avevamo bevuto e recensito qui: confermiamo le buone impressioni e riportiamo l’elegante risposta di Nicola a chi chiedeva le ragioni dell’abbandono dell’age statement: “come in un albero di mele, la maturazione delle botti non è omogenea, e non indicare l’età ci permette di scegliere solo le mele, ehm le botti migliori, senza curarci dei vincoli dell’età”. Anche qui, tutta la comunicazione era tesa a marcare l’importanza del legno, acquistato direttamente da foreste in Ohio e Spagna e tenute a maturare prevalentemente con sherry – Nicola ha sempre usato il termine sherry seasoned, vale a dire botti ‘stagionate in sherry’, che hanno contenuto sherry per un paio d’anni, dettaglio di cui forse val la pena di tener conto.
Il terzo dram generosamente versato è il molto atteso Edition n.2, edizione limitata frutto della collaborazione di Bob Dalgarno, “Whisky Maker” a Macallan (non ci stancheremo mai di annotare in quanti evocativi modi si possa definire un mestiere – e quanto più si salga nella scala del lusso più si cerchi la semplicità), e i fratelli Roca, proprietari del celebre ristorante galiziano El Celler de Can Roca, pluristellato e ‘miglior ristorante del mondo’ nel 2013 e nel 2015. Anche questo non ha età dichiarata, anche questo è una miscela di quercia americana ed europea a sola stagionatura in sherry di varie bodegas, ha le particolarità di non usare solo botti first-fill e di essere imbottigliato a 48,2%. Il naso è molto ricco e invitante, con note di caramello, tartufi di cioccolato, miele, frutta secca, cioccolato, mele cotte e tanto agrume; al palato, molto coerente, l’arancia si prende la scena (nei nostri deliri diremmo: arancia caramellata) assieme a qualche punta speziata, soprattutto di noce moscata, che perdura fino alla fine. Il complesso è molto convincente, anche grazie a qualche nota ‘giovane’ qui e là che fa capolino (canditi, ancora zenzero candito) e che rende il tutto più pimpante e leggero. Staremmo ancora intorno agli 88/100.
Il quarto whisky, invece, ce lo siamo portati a casa e ce lo beviamo in santa pace stasera: quindi per le nostre impressioni sul celebrato e costosissimo Macallan “Rare Cask” abbiate cuore di aspettare fino a domani… Per adesso, possiamo già notare come nel complesso Macallan non riesca proprio a fare whisky di bassa qualità: certo, rispetto ai Macallan del passato, diciottenni invecchiati in botti che avevano contenuto sherry per tanti anni, siamo su un’altra categoria, ma questo lo sapevamo già, non avrebbe nessun senso cercare in un New Beetle il fascino del Maggiolone, e d’altro canto ci siamo pure un po’ scocciati di rimpiangere dei tempi andati che, per inciso, non abbiamo vissuto. Armati di pragmatismo e velleità generazionali, ci godiamo quel che ci passa nel bicchiere: è ormai un fatto, tendenzialmente irreversibile a parte alcune orgogliose sacche di resistenza, che l’industria del whisky va nella direzione di concept whisky costruiti grazie a legni molto attivi – a Macallan vanno oneri ed onori di essere stata la prima a fare una rivoluzione copernicana su quel che lei stessa aveva creato, e in questa sede, dato che gli oneri sono già stati ricordati tante volte (e, un po’ casualmente, ci torna sopra, e con parole pesanti, il sommo Serge proprio quest’oggi) e parrebbe inelegante non apprezzare l’ospitalità, ci piace soprattutto indulgere in lodi. Quindi in fin dei conti brava Macallan, c’è costruzione e costruzione, e i tuoi whisky – banalmente – sono buoni. Serve altro?
Grazie ancora a Velier e a Nicola Riske per l’ottima opportunità di assistere a questa bella presentazione e, soprattuto, per averci dato un pretesto per ubriacarci al lunedì pomeriggio.
3 thoughts on “The Macallan Tasting @Ceresio7 – 6-2-2017 (e due recensioni)”
[…] Macallan Edition No. 2 (2016, OB, 48,2%) – 88/100 […]
[…] nostre già immortali parole vergate qui e qui, ad esempio – ma avevamo bevuto anche la N.2, qui. Oggi però la giornata è speciale, perché assaggiamo l’unico imbottigliamento davvero […]
[…] fare paragoni con i Macallan del passato lontano, ma per rimanere all’Edition series, era dal N.2 che non ne assaggiavamo uno così buono. Autunnale, cangiante, molto beverino, profondo. Ora però […]