Come novelli Esopo, in quel di Balvenie qualche anno fa si sono messi in mente di raccontare favole liquide. Così si sono inventati la serie “The Balvenie stories”, con cui la malt master Kelsey McKechnie vuole rendere l’idea del sapere che si trasmette in distilleria di generazione in generazione. Avevamo avuto modo di recensire il primo capitolo, protagonista il rovere americano tostato. Oggi ci capita di assaggiare il secondo (ci abbiamo messo due anni, non biasimateci: avevamo judo), un 14 anni dedicato all’unica settimana dell’anno in cui si distilla malto torbato a Balvenie. Abbiamo già assaggiato in passato due versioni torbate di 17 anni, anche se allora si trattava di una torbatura di riflesso, con finish in botti ex Islay whisky.

N. si apre su una pera decana, dolce, succosa e matura, e con una mela rossa caramellata, di quelle che così belle solo nelle fiere delle favole (d’altronde di raccontastorie stiamo parlando). Crostata con un bel letto di crema, o forse lemon curd. Banana ma soprattutto banana bread. E tanta vaniglia, con miele d’acacia. Su questa solida dolcezza molto tipica di Balvenie si alza una voluta di fumo e aghi di pino, che si fonde con note di caramello bruciato. La torba è classica delle Highlands, vegetale e un po’ terrosa.
P. la prima impressione è di una giustapposizione fra dolcezza, torba e ancora dolcezza, che sembrano viaggiare alternandosi, mai fuse insieme. Molto miele, zucchero caramellato e sciroppo di banana. A questo si appiccica una torba come di arbusti bruciati e nocciole tostatissime. E subito si ripresenta un senso stucchevole di pesca sciroppata, wafer e ovomaltina, come se si volesse bilanciare la torba con una dolcezza superiore alla media, quasi artificiale. Un po’ di zenzero e pepe bianco.
F. banana ovunque, pepe, un falò di sterpaglie.
Il naso lasciava ben sperare, c’era quel maestoso senso di pastafrolla che ci piace tanto in Balvenie e una torbina interessante e ben integrata, ma in bocca la nostra eccitazione si è un po’ raffreddata. Serge la pensa esattamente al contrario e ha preferito il palato, premiandolo più di noi. Fatto sta che non siamo convinti e lo troviamo troppo dolce (e questi sono gusti) e piuttosto piatto (e questo è un difetto). Non drammatico, ma durante la “week of peat” noi quasi quasi ci mettiamo in ferie: 81/100. Se siete curiosi, lo trovate qui.
Sottofondo musicale consigliato: Ministri – Comunque