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Tre Glenturret a merenda

Glenturret è probabilmente la più antica distilleria attiva di Scozia (1763 – ma la cosa è dibattuta) e noi finora non abbiamo assaggiato neppure un imbottigliamento ufficiale. Bravi. Proprio degli esempi di efficienza. Per fortuna c’è Corrado che colma le nostre lacune e che ha estratto dal cilindro notarile tre samples del rinnovato core range. Sì perché nel 2020, mentre tutto il mondo si occupava di mascherine, alla Glenturret – qualche miglio ad ovest di Perth – studiavano nuove bottiglie, innovando il packaging e anche le ricette dei loro single malt. Sicché eccoci qui a provarne tre, che vengono importati in Italia da Meregalli Spirits. Tutti rilasciati nel 2020 come “Maiden releases”, sono tutti venduti in curiosi vetri di Lalique (nuovo proprietario della distilleria tra l’altro) con tappi giganteschi.

Glenturret Triple wood ‘Maiden release’ (2020, OB, 43%)
Iniziamo con un NAS invecchiato in un mix di botti di rovere europeo e americano che avevano contenuto sherry e bourbon. C: oro carico. N: il legno ti prende a schiaffi e ti ruba il motorino. Davvero intenso, sembra un finish strano, profuma quasi di sughero fresco. Tutto dominato dalla frutta secca, con parecchia farina di castagne e fava di cacao. Sporchino, ricorda i tappeti della nonna, quei salottini pieni di buone cose di pessimo gusto, con mobili tarlati che stanno in piedi per miracolo. L’Oloroso fa capolino qui e là, ed è un Oloroso speziato (pan di zenzero) che vira al tabacco. Nonostante tutto, il distillato ancora si sente, segno di gioventù. P: meno freak rispetto al naso, ma anche con meno personalità, rientra nei binari innocui della dolcezza. Che è tutta incentrata su caramello-biscotto-cioccolato al latte: praticamente il Twix. Albicocche secche e scorzette d’arancia fanno dire a Corrado una cosa forte: “Ha qualcosa dei Macallan moderni. Parole forti, ma fondate. Quel mix di botti sherry e american oak crea un profilo speziato (pepe, fiocchi di chili) e aranciato che – unito a uno spirito oleoso e corposo – un po’ ricorda Macallan. F: piccante, zenzero disidratato, cioccolato fondente e legno.
Iniziamo discretamente, suvvia. Non spenderemo parole roboanti gonfie di entusiasmo, ma non ci lamentiamo. Un whisky beverino, molto segnato dallo sherry ma non vinoso. Facilmente accessibile, a suo modo anche sorprendente al naso e un po’ meno al palato. 82/100.

Glenturret 12 yo ‘Maiden release’ (2020, OB, 46%)
Un 12 anni invecchiato esclusivamente in rovere europeo, a grado più alto rispetto al precedente. C: ambra chiara. N: eureka! C’è la nota di formaggio che avevamo tanto amato nel Beathan di Wilson & Morgan! Quel profilo sporchino lo ritroviamo qui, accostato a uno sherry più classico, sempre secco e non vinoso. Il che vuol dire caffè in polvere, cacao, cannella, biscotti all’arancia, uvetta, cannella e… pandolce genovese! Ma proprio come se lo avessimo davanti in pasta e pinoli, pronto all’inzuppo. Al di là di questo naso compatto, si agita qualcosa di terroso, che ricorda certe botaniche legnose del gin. Diremmo cassia, ma non vorremmo aver scritto una cassiata… Col tempo si fa più aromatico, con pesca succosa. P: beh, rispetto al Triple Wood è più intenso e strutturato, e anche più profondo. Innanzitutto si prende la scena un distillato oleoso, con le spalle larghe. Gianduiotto fondente, con papaya essiccata. C’è ancora una dimensione più animale, che potremmo definire poltrona di pelle, che come noto noi mordiamo spesso. Chiodi di garofano e pepe di Sichuan chiudono un palato interessante, in cui è in grande crescita il chinotto… F: …che infatti resiste nel finale, dando una dimensione erbacea alle note di caffè e di legno astringente.
Molto austero, tendente al secco secchissimo, ma bilanciato comunque da un punto di dolcezza sufficiente a non renderlo mai sgradevole. Non immediato, senz’altro non ruffiano, può non piacere. Però a noi piace, soprattutto in quel suo finale amarino e diretto che invita al bis. Bene, bravo: 85/100.

Glenturret Peat smoked 10 yo ‘Maiden release’ (2020, OB, 50%)
Dieci anni, torba delle Highlands, grado ulteriormente più deciso. C: oro. N: anche qui il dna della distilleria è ben riconoscibile, solo che stavolta è reso ancor più sporco dall’affumicatura. Il risultato è un piatto di verdure al formaggio, scamorza, con una nota anche carnosa. Ma non si arriva al bacon, ci fermiamo al pastrami. Molto gastronomico. Accanto si sviluppa un fumo di falò resinoso e balsamico (pigne), con té Lapsang Souchong. La torba non è soltanto organica, ma in certi frangenti sembra quasi gomma (boule dell’acqua calda). Semi di anice e ginepro. Molto cangiante e davvero interessante. P: perdincibacco, che buono! Siamo a bocca aperta. Cioè, non proprio aperta, sennò ci sbrodolerebbe fuori il whisky e faremmo ancor più schifo di quanto facciamo di solito. Però è sorprendente l’impatto. Cioccolato al latte, crema di menta, una mole luculliana di arachidi. Avvolgente e oleosissimo, con noci e frutta cotta (ciliegie, pesche, pere in crostata). Piccole sensazioni sherrose punteggiano una torba carnosa, che ondeggia fra il grasso di prosciutto crudo e una bella Fiorentina alla brace. F: caldarroste, braci, legno bruciato, garze su un ustionato grave.
Il palato, con quel suo candore di beverinità nonostante i 50%, è senza dubbio la fase che ci ha più esaltato. Un whisky costruito bene, onesto nel rispettare il profilo della distilleria, senza tranelli di barili e torbatura esagerata, merita di essere premiato. Non sarà un trionfo di complessità, ma di certo non è banale. E si merita un 87/100. Da queste parti lo trovate.

Sottofondo musicale consigliato: Kyuss – El rodeo.

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