Inchgower è una di quelle distillerie di terza fascia i cui single malt difficilmente vengono incrociati dagli appassionati sui canali più popolari di vendita e mescita. Inaugurata nel 1871, poi parte della galassia di Arthur Bell, Inchgower è da qualche anno di proprietà di Diageo, che ha fatto uscire quasi soltanto una referenza: il Flora & Fauna 14 anni. La distilleria è grandina (3 milioni di litri l’anno), ma il liquido finisce soprattutto nei blended, Bell’s e Johnnie Walker soprattutto. Noi oggi assaggiamo un single cask selezionato da Whisky Broker: l’hogshead 811650 ha dato 314 bottiglie. Il colore è un vino bianco, manca solo un’ostrichina di fianco ed subito si alzano delle vibes da aperitivo a Montmatre. E invece no, è un single malt a quasi 60 gradi.
N: mmm. Al primo naso c’è del rimpianto: preferivamo lo Chablis con le ostriche. L’alcol è pungente, e le note che emergono non sono indimenticabili: pagliericcio, succo di limone, anche un tocco acetico. C’è poi una dimensione grassa che ricorda il sego con cui sono fatte le candele. Estremamente appuntito, ci vengono in mente la carambola, il lime, il rabarbaro crudo: insomma è così acido che ci viene da salivare anche solo annusandolo. Pian piano, a fatica, un po’ abbassa la guardia e qualcosa di apprezzabile compare: pasta di pane lievitata, vaniglia, una parte metallica surriscaldata che quasi arriva al fumino, alla grafite. Dolcezza abbastanza astratta, molto distillatosa. Un naso primario, senz’altro, ma non particolarmente avvenente. Qualcosa di petricore, di vialetto acciottolato bagnato.
P: eh, di nuovo dolcezza astratta, di malto, miele e canditi, e una Bomba ai neutrini di alcol. Anche qui sembra uscito da dieci minuti dall’alambicco, tracce molto scarse dei 9 anni di invecchiamento in botte. La frutta è la cosa che manca più di tutte, è giusto accennata (pera, mousse di mela, albicocca buccia). Spiga d’orzo, zenzero amarognolo e pepe bianco, con ancora quel tocco metallico che gratta un po’ in bocca. Un filo sporchino, poi nel secondo palato compare del marzapane, con mandorle salate, e parecchia liquirizia. In generale, vira al secco, asciuga pian piano la lingua.
F: medio, tutto sul cereale e con un guizzo di spezie. La parte più equilibrata di tutte, quasi vegetale.
Questo è uno di quei whisky in cui il nostro giudizio – già di per sé risibile – diventa ancora più opinabile. Nel senso che l’Internet è ricolmo di recensioni entusiastiche e noi qui abbiamo l’ardire che no, non è proprio il nostro genere. Lo troviamo molto aggressivo, con un alcol sgarbato. Apprezziamo idealmente il fatto che “guidi” il distillato, al contempo lo troviamo un po’ poverello, maturato in botti evidentemente molto scariche. Il corpo c’è, i vestiti no. E anche se in molti altri casi questa premessa ci indurrebbe a gioire, non in questo: 82/100.
Sottofondo musicale consigliato: Otis Redding – Hard to handle