Siccome la puntualità e l’essere sul pezzo come dei cronisti di razza sono due dei nostri punti forti, recensiamo un imbottigliamento di Andrea e Giuseppe del Milano Whisky Festival. Del 2020. Come dite, ormai è esaurito? Eh lo sappiamo, ma noi abbiamo i nostri tempi, che non collimano con quelli terrestri, come in “Interstellar”. Per cui nel mondo sono passati 4 anni, ma nel nostro armadietto dei samples solo 10 minuti.
Va beh, ci cospargiamo il capo di letame – la cenere non basta – e recensiamo lo stesso, in colpevole ritardo, questo Craigellachie affinato per 21 mesi in un barile ex rum di Barbados. Foursquare per essere precisi. Sono 140 le bottiglie messe in commercio con l’etichetta A&G selection, che solo ora ci sovviene come somigli tremendamente a un marchio di lavatrici tedesco. Si beva, il colore è un oro bianco.
N: inizialmente timido, col tempo si fa coraggio e mette in mostra una teoria di frutta bianca tra i caraibi e la Brianza: litchees, acqua di cocco, ma anche melone bianco. Prende corpo una parte vegetale importante, molto fresca, che non arriva all’eucalipto ma rimane comunque sui toni verdi, diremmo aloe vera. O almeno verosimile. Il rum è una presenza discreta, non immaginatevi colate di melassa. Piuttosto aggiunge un che di zuccherino. Non dimostra gli anni che ha, in compenso ha ancora una vivacità di frutta distillatosa tutta da godersi.
P: il gioco delle tre carte del whisky: dolcezza c’è, dolcezza non c’è più. Cercate la dolcezza. Il primo sorso sembra cambiare tutto il panorama, lasciando spazio a una parte altrettanto vegetale ma più amarognola, diciamo di albedo e zenzero, con puntatine di segheria. Più erbaceo qui, con cassia e lime essiccato, oltre a cocco tostato, metallo sporchino e un che di lattoso. Col tempo emerge la parte più zuccherina e anche del cereale crudo, la spiga, la crusca, insomma la materia prima. Ah, gran bel corpo, come direbbero Andrea e Giuseppe in altre circostanze (e mica per caso in etichetta hanno scelto un quadro che ritrae delle spaziose natiche femminili). Noi lo diciamo per il Craigellachie invece.
F: medio lungo, con un pizzicorino quasi da segale e una dolcezza con lampi di ananas sciroppato. Sulla media distanza, un senso oleoso, molto craigellachesco, che ricorda le tostature e il metallo scaldato.
Una creazione molto interessante, con un alcol perfettamente integrato e un profilo unico. Chi si aspetta gli opposti estremismi – dolcezza dal rum e sporcizia dal distillato – potrebbe rimanere sorpreso da un dram che invece fa dell’equilibrio una sua arma. Fresco, fruttato e tutto sommato più giovane del previsto, un whisky molto estivo senza scivolare nella caricatura carnevalesca del rum. 86/100.
Sottofondo musicale consigliato: Tananai – Sesso occasionale