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Mortlach 14 yo Moscatel finish (2008/2022, càrn Mòr, 47.5%)

Torniamo a bazzicare uno degli imbottigliatori indipendenti più solidi in circolazione, ovvero Càrn Mòr, di proprietà della famiglia Morrison. Sotto questa etichetta da anni vengono rilasciati imbottigliamenti molto interessanti, ridotti di gradazione con intelligenza tanto da regalare una beva sempre pericolosamente facile. E all’insegna dello slogan molto nostro “tu bevi da morire, non pensi all’avvenire”, eccoci ora sorseggiare un Mortlach di 14 anni affinato in botti di Moscatel. 1275 bottiglie di outturn, grazie a Fabio Ermoli, il baffo più svelto di via Mac Mahon, per il campione. Il colore è un bel rame caldo.

N: un bell’acquerello olfattivo a tinte calde, molto centrato sulla frutta. Marmellatine della prima colazione, di quelle che ti portano al tavolo negli alberghi a conduzione familiare: pesche, fragole, albicocche. Mentre siamo qui che ci balocchiamo con idee di biscotti e merendine, uno sbuffo vinoso ci ricorda che il Moscatel non è un succo di frutta, bensì appunto un vino. E in quanto tale ha delle note vinose, pensate che strano! Completano un naso gentile e invitante delle speziette (cardamomo, cannella) e un senso di malto, di fette biscottate. Del Mortlach “bestia di Dufftown” non c’è neanche l’ombra, neanche il guinzaglio, neanche la cuccia. Forse un velo di burro sulla fetta biscottata. Invece ci sono piacevoli note floreali. Eccentrico rispetto al dna della distilleria.

P: eh, il Moscatel non perdona. La dolcezza del Moscatel ti si piazza nel palato e non se ne va più, come una suocera affettuosa ma invadente. Qui bisogna dire che è più affettuosa che invadente, nel senso che non dà fastidio neppure a noi che non siamo grandi fan dei finish in botti ex vino dolce. Ci sono ancora le stesse suggestioni del naso, dalle fette biscottate alle marmellatine (qui soprattutto albicocche), a cui si aggiunge un sentore chiaro e definitivo di nocciole immerse nel miele. Il secondo palato è più serio, diciamo così, con pepe bianco, biscotti secchi e un accenno di liquirizia salata. Ecco, questa parte un pochino saporita, che non arriva al classico brodo di carne ma si ferma km sensoriali prima, diciamo sul petto di pollo teryiaki, è forse la parte più mortlacchiana di tutte.

F: medio-corto, un bel gioco di albicocche, bucce di pera e uvetta. E un twist di zenzero.

Non un prodigio di complessità, ma una bella bevuta che farà felici i cultori dei finish dolci. Il dna di Mortlach non è facilmente percepibile, ma la sensazione è che il distillato saporito e oleoso lavori sotto traccia e bilanci silenziosamente l’influenza della botte. Aromatico, a suo modo primaverile, non il classico Mortlach insomma. Il finale cortino abbassa un po’ il voto: 85/100.

Sottofondo musicale consigliato: Charlotte Gainsbourg – Paradisco

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