Ci sono degli imbottigliamenti che più di altri rimangono incastonati nella memoria olfattiva dei consumatori. Invecchiamenti particolari che restituiscono al 110% le note della distilleria, come un Superbonus insomma. Il 15 anni di Glendronach è secondo noi a pieno titolo uno di questi imbottigliamenti. Perché la distilleria dell’Aberdeenshire, regione delle Highlands appena fuori lo Speyside, ha fatto della maturazione in sherry un suo punto d’onore e nel 15 anni le note tipiche dell’Oloroso più profondo e scuro toccano il loro apice. Oggi noi – per festeggiare l’annuncio del nuovo packaging – beviamo la prima edizione del Revival. Il 15 anni (etichetta bianca) era nel core range fino al 2000, poi è stata interrotta la produzione. Che è ripresa a furor di popolo nel 2009, per un vero e proprio revival. Il colore è quello della cola.
N: clamorosamente vecchio, umido, profondo. Il nono cerchio dell’inferno dello sherry, oppure era il paradiso? Ci sono chinotto, nocino, uvette, prugne secche. C’è la marmellata di more che si bruciacchia e si caramellizza sulla crostata. D’altronde Glendronach significa “valle delle more”. Però ci sono anche mirtilli, ribes neri. Una parte di fiori, sambuco, orchidee, mele rosse. Poltrone di cuoio sfatte, stivali lucidati ma un po’ umidi, stallatico. E funghi secchi ancora, il borsch russo con il cumino e tanta paprika affumicata. La parte floreale si evolve in viola, pesca tabacchiera, olio di argan. Compare anche un po’ di sporcizia: angoli di cucina dove gas, tartufo e unto si sono fermati. Un ginepraio di suggestioni in cui trovano posto anche mobili profumati e lavanda. Il bicchiere vuoto sa di sigaro con tabacco Kentucky stravecchio. Da urlo.
P: ci coglie la stessa tristezza di quando nel nostro vecchio maglione preferito spuntano buchi di tarme e ci viene voglia di bestemmiare il dio del tempo che tanto regala e tanto toglie. L’alcol qui ha un po’ mollato la presa, si sente che la parabola discendente è iniziata. Ciò nonostante, che condensato di sapori, signori! Ci sono il tamarindo, il concentrato di legno, con i suoi tannini amari e astringenti. Chinotto, pepe nero, zenzero fresco e di nuovo sigaro toscano. Peccato davvero per quella gradazione un po’ sfuggita, che fa sì che le note perdano in profondità e si accumulino tutte insieme sullo stesso piano. Cola, ancora quel tocco amarognolo di mandorla e chinotto. C’è poi ovviamente anche lo sherry, umido e con quei frutti neri astratti ed evoluti (gelee?). Cioccolato fondente con arancia rossa e prugne.
F: lungo, legnoso, vinoso, umido. Ancora more, prugne e pepe nero.
Partiamo dalla matematica e poi passiamo alla filosofia: 89/100, perché manca un po’ di grado, soprattutto al palato ha smarrito un po’ di scatto, ed è un peccato perché avrebbe potuto prendere un paio di punti in più. Però al naso rimane uno degli sherried più emozionanti di sempre, uno dei capostipiti dello stile scuro e profondo. Premiamo l’incredibile qualità dei barili e la vecchia scuola.
Sottofondo musicale consigliato: Creedence Clearwater Revival – I heard it through the grapevine