Oggi nel nostro giochino tipo “Celebrity death match” su MTV, facciamo sfidare due Glen, in un derby di nome, ma non di fatto. Tipo quando giocano Real Madrid e Real Sociedad, Birmingham City e Manchester City, Borussia Dortmund e Borussia Moenchengladbach. Possiamo andare avanti eh, non sottovalutate la nostra competenza in fatto di calcio estero… Ma non lo facciamo, ci limitiamo a recensire, che poi è quello per cui siamo qui.
Glen Elgin 17 yo (1991/2008, Blackadder, 57.3%)
Blackadder è un’etichetta poco conosciuta, che ha iniziato a imbottigliare nel 1995. La più famosa delle sue collezioni è la “Raw cask”, a cui appartiene questo Glen Elgin: single cask, cask strength, imbottigliati con tanto di sedimenti del barile. Vecchia scuola. Il refill sherry cask #2600 ha dato 486 bottiglie. C: paglierino. N: super fruttato, con pesca, mele cotogne e strudel coperte da burro caldo e cannella. In poche parole, uno strudel al malto. Proprio il malto è protagonista come spesso accade ai Glen Elgin. Un paio di guizzi di sandalo e vetiver regalano una seconda dimensione più fresca e complessa. Lo sherry arriva dopo, sottoforma di biscotti Plasmon sbriciolati, frutta secca, caramello e un che di fragola. Il legno è lieve. Con acqua compare la dimensione agrumata, di mandarino e bergamotto. E camomilla. In effetti si fa più aromatico. P: si apre dolce, con caramello e albicocche, mele e pesche, e poi… Boom, l’alcol arriva con un carico di spezie (zenzero, pepe bianco, cardamomo). Cambia abbastanza rispetto all’olfatto, si fa più legnoso e polveroso, con mandorla, noccioli di amarena (e ciliegie pure), e perfino qualcosa di cenere di sigaretta. Con acqua diventa un filo più amarognolo, ma l’allappamento migliora. F: polveroso, secco, fumo quasi. Il legno allappa, peccato.
Peccato, l’inversione di rotta nel palato ci fa abbassare il punteggio fino ad 87/100. Peccato perché il naso è totale, roba da over 90. Però poi insomma, il sorso si fa allappante, polveroso e anche un po’ alcolico. Non diventa sbagliato né sgradevole, ma perde l’aura.
Glen Keith 20 yo (1997/2018, Signatory, 53.6%)
Dallo Speyside passiamo alle Highlands, per un imbottigliamento della serie Signatory Vintage per il 20esimo anniversario dei World of whisky. Il barile #72607 ha dato 247 bottiglie. C: oro. N: qualcosa ci dice che non sarà un whisky facile. C’è una parte poderosa di fienile, accostata a una parte altrettanto evidente di dado Starr. Sono suggestioni apparentemente poco legate fra loro, perché poi spunta anche l’anice stellato e una frutta eccezionalmente matura, che va dal melone alle pesche al mango candito. Sembra più giovane dei suoi vent’anni, ha qualcosa di fermentato che ricorda le birre Session IPA, la frutta macerata. Rumtopf (la frutta sotto spirito che i tedeschi mettono sul gelato). Diluito, spunta qualcosa di ananas acerbo, sorbetto al cedro e un’aria floreale di gardenia. P: abbastanza oleoso, ma severo e un po’ alcolico. La parte fruttata è magrolina, bucce di mela verde, malto. Legno poco, distillato più del previsto, con un pizzicore che poco si addice a un ventenne. Zenzero e liquirizia. Con due gocce d’acqua non cambia granché, sempre secco, sempre alcolico, non si arricchisce. F: piccante, alcolico, legno e una certa oleosità. Quasi un senso di segale. Se diluito, magicamente ricompare in fondo la frutta del naso.
Qui il problema ci pare la parte alcolica, che punge scomposta e picchia a casaccio, guastando un po’ tutto il resto. Anche la diluizione non riesce a correggere il problema. Inoltre è proprio scarno in termini di palato, non c’è ciccia. Un 83/100 con qualche moto di dispetto.