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il gioco delle coppie: highland park 8 yo (1990/1998, Dun Eideann, 61.3%) vs highland park cask strength 3rd release (2022, OB, 64.1%)

Una delle cose che più ci danno soddisfazione, oltre a pelare le arance in un’unica spirale di buccia e a riconoscere le bandiere di tutti i 193 Paesi membri dell’Onu, è trovare impensabili e reconditi rapporti di parentela fra i samples che abbiamo nell’armadietto. Apriamo l’antina, guardiamo con fare circospetto la truppa schierata, e ne scegliamo due che possa avere un senso assaggiare l’uno accanto all’altro, di modo che dalla recensione comparata possiamo imparare qualcosa di nuovo. Due release della stessa distilleria, due whisky invecchiati nello stesso tipo di barile o per lo stesso lasso di tempo. Seguendo questa logica, abbiamo pescato oggi due Highland Park imbottigliati da degli artificieri a un grado da Oppenheimer, uno indipendente e uno ufficiale.

Highland Park 8 yo (1990/1998, Dun Eideann, 61.3%)
Il single cask #15575 selezionato da Donato (Genova) ha dato 432 bottiglie. C: vino bianco pallido. N: distillato e ciottoli, spiritoso come spesso sono i refill giovani di HP. Una sensazione si stacca dalle altre e ci colpisce: i sanpietrini sulla massicciata delle ferrovie. Sa di freni di treno, metallo, fuliggine. Sporcizia industriale, insomma. La frutta è azzerata, solo una striminzita buccia di pompelmo, peraltro solo la parte bianca. L’alcol punge, le bucce di pera fanno capolino. Col tempo, questa “spiritualità” molto poco zen prende le sembianze dell’acquavite di albicocche. Sterpaglie. Con acqua si sente anche un filo più torbatino. P: di nuovo un filo troppo sbilanciato sul distillato e sull’alcol. Ci sono liquirizia e di nuovo quella sensazione minerale di pietra focaia. Corn flakes con la polvere dei freni in carbonio surriscaldati. Che colazione da campioni degna del macchinista della “Locomotiva” di Guccini. La frutta è ancora assente. Diluito, si fa meno minimal ma non cambia il profilo, che definiremmo inerte: creta e sabbia. Forse un filo di cremina al limone. F: comunque piacevole, la parte più morbida. Budino alla vaniglia, cioccolato bianco e polvere da sparo.
Il finale è un’inaspettata levata di piacevolezza. Il resto dell’esperienza è abbastanza estremo, sia dal punto di vista alcolico, sia per quanto riguarda l’approcciabilità di un whisky nudo e puro, che paga l’eccessiva gioventù in relazione alla relativa debolezza dell’influsso del legno. E dunque? Eh, bel dilemma. Nel senso che apprezziamo il fiero rifiuto di scendere a compromessi e il puntare solo sul distillato, ma poi bisogna berlo, e insomma, non è semplicissimo da tracannare: 84/100.

Highland Park Cask strength 3rd release (2022, OB, 64.1%)
Da qualche anno nel core range ogni anno compare un nuovo batch di HP a grado pieno. Quello del 2022, il terzo, era un mix di first fill sherry casks, sia in rovere americano sia in rovere europeo. C: aranciato. N: eh, anche qui non è che proprio sia delicato da sniffare. Giusto un filo meno della colla nelle favelas. Insomma, è alcolico, ed è quasi inevitabile che lo sia, a quella gradazione demoniaca. Si apre con le note degli sherry moderni del gruppo Edrington, ovvero arancia e albicocca secca. Vinosetto, ha anche un guizzo di distillato di prugne e frutta cotta dello strudel. Nel suo essere brutale, sfoggia comunque un lato fruttato apprezzabile, in cui ritornano le arance caramellate. Al contrario del Dun Eideann, il dna della distilleria è impossibile da rintracciare, come spesso accade con gli OB. Tabacco riscaldato. Con acqua la torba si fa più percepibile, ma anche un filo più sporca. P: devastante come un ordigno sganciato su un orfanotrofio. Alcolico e potente, mette in mostra una cenere di sigaro che indica un influsso più netto della torba. Biscotti ai frutti rossi essiccati, liquirizia, legna spaccata di fresco e tanto alcol. La diluizione fa emergere un bel caramello affumicato, si fa tutto più morbido e ricco: croccante alle mandorle, pipa. F: aranciata amara, tabacco scaldato, zenzero e qualcosa di erbaceo, come una tisana salatina.
Idealmente, non siamo grandi fan degli HP ufficiali in cui si pasticcia con le botti e il distillato viene reso anonimo come se fosse un Tullibardine qualsiasi. E in realtà le intriganti sfaccettature dello spirito delle Orcadi sono più evidenti nel Dun Eideann. Però c’è un però, che essendo un whisky e non un profumo non è secondario: nonostante la gradazione, questo è più bevibile e piacevole, più strutturato e meno monacale insomma. Ecco, senza diluizione è un po’ eccessivo, ma con qualche goccia d’acqua diventa proprio un bel dram. 85/100.

Sottofondo musicale consigliato: The Chemical Brothers – Eve of destruction

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