Fermi tutti, qui c’è odore di Garganata. Che non è una penisola pugliese né il cattivo dei Puffi, ma un neologismo per indicare una delle infinite trovate di Luca Gargano, vulcanico patron di Velier, collezionista e maggior esperto mondiale di rum, conoscitore massimo dei Caraibi, profeta dei vini naturali e tante altre cose. Si dà il caso che Velier sia importatore italiano del gruppo William Grant & Sons, a cui fanno capo Glenfiddich, Balvenie e Kininvie, con annessi e connessi.
Ufficialmente, il whisky che abbiamo nel bicchiere oggi con Luca Gargano non c’entra: è una limited release ufficiale, non un rilascio dedicato. Epperò… Epperò si dà il caso che il single malt sia stato affinato in botti di rum Caroni e dunque ecco spuntare Gargano. Perché Caroni è di fatto stato “riscoperto” da Gargano, che dopo aver rilevato lo stock dimenticato in quel di Trinidad, negli ultimi vent’anni ha imbottigliato veri e propri barili-capolavoro.
Insomma, l’abbiamo tirata anche fin troppo per le lunghe, assaggiamo questa “rara scoperta da lidi lontani”. Il colore è un paglierino carico.
N: ci sono più tropici qui dentro che ad un corso di Calypso. La frutta esotica in questo naso è semplicemente indescrivibile, livelli di succosità clamorosi: mango, ananas, kiwi gold, litchees, sciroppi vari di tutte le granite del creato… C’è di tutto, dalla dolcezza zuccherina alle note ipermature, fino a quel tocco acidino. Tutto, ma proprio tutto quello che volete dalla frutta tropicale e non avete mai osato chiedere. Al di là di questa cattedrale eretta al culto della frutta, c’è qualcosa che ricorda il nostro Aldunie: ovvero un malto goloso screziato di polline e zenzero, un pandoro al burro, della ganache bianca alle nocciole e del miele. Zuc – che ha delle turbe probabilmente non diagnosticate – sforna una tasting note nuova: le Biricche. E che stracazzo sono le Biricche? Se non ve le ricordate siete perfettamente normali, ma potete ricordarvele qui. Chiude un olfatto entusiasmante una nota di banana bread, fiori bianchi e una croccantissima meringa al limone. Spettacolare.
P: setoso e pieno, un inno al colore giallo come non si vedeva dai “Girasoli” di Van Gogh. Qui invece ci sono ananas, susine, prugne Regina Claudia e poi ovviamente l’unico frutto dell’amor: la mela cotogna. Scherziamo, ovviamente è la banana, ma con un po’ di mela cotogna. Questa idea caraibica di bellezza e godimento viene arricchita da una parte molto europea che potremmo definire di pietre e minerali: vogliamo dire ciottoli? O preferiamo dire “lana bagnata”? Ad ogni modo, c’è qualcosa di pimpante, tra il salato e il pepato. Mentre cerchiamo di capire di cosa si tratti, compare un accenno sporchino, quasi di idrocarburi. Non è esattamente quella nota di nafta che spesso accompagna i Caroni più estremi, ma per chi conosce questo rum mitologico e contundente, l’impronta si percepisce. Ancora sciroppi, miele, composta di pere. Il tutto ben amalgamato.
F: meno dolce, ma anche forse meno eccezionale rispetto al resto: rotondo, frolla al burro e crema all’ananas.
Siamo di fronte al miglior rum finish che ci sia capitato di assaggiare. D’altronde proviamo a fare un rapido check degli ingredienti: Balvenie, ovvero uno dei malti migliori di Scozia; Caroni, ovvero uno dei rum più particolari al mondo; 27 anni, ovvero un invecchiamento di tutto rispetto. Vero è che si possono fare danni anche con ingredienti ottimi, ma insomma le basi lasciavano sospettare il capolavoro. Che sta soprattutto nel non rovinare la straordinaria nota di frutta matura degli Speysider invecchiati e anzi nell’aggiungere un guizzo di complessità ulteriore, un’imperfezione perfetta. A costo di ripeterci, troviamo qualcosa del nostro Aldunie, e scusate l’autoreferenzialità: 91/100.
Sottofondo musicale consigliato: Reggae National Tickets – La isla
