Siamo ancora qua, direbbe quell’epicureo inveterato di Vasco Rossi. E siamo qua a recensire altri Chorlton, come se non ci fosse un domani. Oggi tocca a un Orkney, che ormai è il segreto di Pulcinella (di mare, considerando che parliamo di isole Orcadi): è un Highland Park e finiamola lì. Abbiamo già assaggiato un Orkney più vecchiotto imbottigliato da David e avevamo dato parere entusiastico. Ora vediamo se il fratellino più piccolo è altrettanto buono. Trattasi di hoghsead che ha dato 324 bottiglie, il colore è un oro chiaro.
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N: immediatamente HP, poche discussioni. Non esiste altro malto al mondo in cui si mescolino aria di mare, lana bagnata e accenni sporchini agli ingranaggi del motore. Oltre a questo, c’è del lime, della salamoia di olive, una nota terrosa e sassosa che fa tanto collinetta umida in Scozia. A dire il vero c’è anche una nota più elegante di erica e marmellatina alla rosa canina. La frutta è scarna, forse dell’albicocca acerba e dell’agrume (kumquat). Si mantiene più minerale e cerealoso, ma al momento non emoziona.
P: la complessità del distillato di Highland Park è sempre splendida. Così come successo al primo naso, anche l’ingresso in bocca è altrettanto multiforme. Liquirizia, miele all’erica, limatura di ferro, polvere da sparo… L’indimenticabile prima volta in cui abbiamo assaggiato un proiettile appena sparato da un moschetto. Note sporchine si moltiplicano in bocca, all’interno di un palato di cereale salatino, erbe secche e limone. Pane salato cotto al forno a legna, una torbina lontana mescolata all’orzata.
F: sapido, di quella sapidità marina che ricorda quasi i frutti di mare. Piuttosto lungo, si stempera in una dolcezza sobria, tipo sorbetto al limone e salvia.
Allora, dire che è un cattivo whisky è una bugia come dire che l’Inter è la prima squadra di Milano: semplicemente, non si può. Però l’arcobaleno dei whisky buoni va da quelli decenti a quelli memorabili, e questo rimane a metà, in quella categoria che potremmo definire “ne berremmo a litri ma difficilmente ce lo ricorderemo”. Che approccio scientifico degno di Linneo! Comunque: un HP in bourbon molto tipico, con le sue belle complessità e i suoi begli spigoli al posto giusto. Però insomma, non ci ha fatto innamorare. Il finale la parte migliore, con la sapidità che prende il comando. Il resto buono ma non ci vivremmo. Detto questo, comunque 87/100 eh.
Sottofondo musicale consigliato: Noir Desir – A ton etoile