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SCAPA d’assi

Segnati da infanzie meste come quella di Heidi a Francoforte, ormai siamo colti da gioie immotivate solo quando possiamo sbizzarrirci con i calembour. Siamo fatti così, come direbbero i globuli rossi e gli anticorpi sui loro elicotteri di un famoso cartone animato degli anni che furono. E mossi da questa nostra perversione linguistica, godiamo come ricci quando possiamo parlare di Scapa, la distilleria che insieme a Jura ci dà più soddisfazioni in questo senso.
Nella fattispecie, cogliamo l’occasione di un resoconto del whiskybrunch organizzato dal Whisky Club Italia il 17 settembre. Giornata alla quale il nostro primus inter pares Corrado ha presenziato, portandoci anche un paio di samples. Ne beviamo 5, uno in più degli assi a Scopa. O a Scapa.
Qualche noticina di prammatica, a partire da quelle storiche: il vecchio core range (12, 14 e 16 anni) era composto da ottimi whisky fruttati, frutto (ehm…) di una lunga fermentazione di 120/160 ore. Poi, il passaggio sotto le grinfie delle multinazionali – Pernod Ricard – ha cambiato le cose: tempi di distillazione crollati intorno a 48/60 ore e conseguente crollo dell’espressività. Gli ultimi a visitare la distilleria riferiscono di tempi di fermentazione tornati ai livelli precedenti, ma sui numeri non v’è certezza. La produzione è di 1,3 milioni di litri, prevalentemente destinati ai blend.
Curiosità varie: il distillery manager Brian MacAulay è delocalizzato nello Speyside, a Miltonduff, e gestisce il tutto (è anche responsabile del settore bulk della Chivas) da remoto. Dal 1979 il loro Lomond Still, unico attivo in Scozia, è in uso senza piatti interni. Ah, l’alambicco è anche dotato di purifier.
Ci sembra di aver detto tutto, andiamo di rece veloci veloci.
Dimenticavamo: sono tutti single cask di distilleria da 50 cl provenienti dalla “The Distillery reserve collection”, a grado pieno e non filtrati, mica pizza e fichi.

Scapa 10 yo (2009/2020, OB, 58.4%)
Dal first fill barrel #930 sono state riempite 336 bottiglie. C: oro chiaro. N: alcol bello presente, ma sorprende la frutta ricca e muscolosa: arancia, mandarino candito, vaniglia, una struttura di malto di fondo. Zucchero a velo. P: conferma il naso, con un alcol un po’ aggressivo, una frutta esuberante (tanto mandarino) e malto: Anche qualcosa di umami, e pesca sciroppata. F: medio breve, citrico e vanigliato.
Non particolarmente complesso, solido e piuttosto fruttato. Un filo troppo alcolico: 84/100.

Scapa 15 yo (2006/2022, OB, 52.3%)
First fill bourbon #2121, 204 bottiglie. C: oro. N: stesso profilo, molto ricca la pesca, che diventa quasi tropicale. Aumenta il caramello, che si fa vanilla fudge. Marmellata di mandarino con una punta balsamica. P: equilibrato, molto interessante. Un profilo che ricorda il torrone e il croccante. Pesca, mandarino, pasticcini al cocco coperti di zucchero a velo. Caramella bianca e rosa panna e fragole, ma forse è una visione indotta da Claudio Riva. F: più lungo, continua ad esserci una struttura old style masticabile anche se non oleoso (al massimo c’è dell’olio essenziale).
Molto meglio, e anche molto goloso. Convintamente 88/100.

Scapa 16 yo (2003/2020, OB, 54.9%)
First fill bourbon barrel #393, 312 le bottiglie. Distillato quando Scapa era mouthballed e gestita dai colleghi di Highland Park. C: ambrato chiaro. N: caramella alla fragola, fragoline di bosco, melone, torta di fragole e panna. Una frutta molto ricca ma più acida e acetica. Si ipotizza che sia stato il periodo con la fermentazione breve. P: alcolico. Di nuovo melone con tanta vaniglia, ma in generale molta meno frutta matura. Liquirizia legnosa e créme brulée. F: Più vaniglioso e meno evoluto, frutta cotta. Finale cortino.
Delusioncella, dopo il boom del 15 anni. Sedutino, poco brillante, non sbagliato, solo poco emozionante: 84/100.

Scapa 19 yo (2000/2020, OB, 52%)
First fill barrel #609, 312 bottiglie. C: oro chiaro. N: torroncini Condorelli ricoperti di cioccolato bianco o di zucchero a velo. Miele, pistacchi e marzapane. Insomma, dolcezze mandorlate varie, millefoglie con crema pasticcera. E pensare che parte anche fresco, con cocco, prugne regina Claudia e lamponi bianchi. Nelle note abbiamo scritto “non c’è il bananone che fa benone”, e la confermiamo: non il classico whisky bananoso. P: bello teso, con cioccolato al latte, prugne gialle e mene renette essiccate. Rispetto al naso, più legno e liquirizia, con anche anacardi a rendere oleoso il palato. Pasticcini all’ananas e polvere pirica, e un’idea di variegato all’albicocca salato. F: suadente, un guizzo di torba e tantissima albicocca candita.
Eh, quanto è buono. Un equilibrio quasi magico fra la frutta del distillato, il carattere isolano della distilleria e la mineralità del distillato. Roba da 90/100.

Scapa 25 yo (1993/2019, OB, 53.7%)
Second fill bourbon barrel #1560, 273 bottiglie. C: paglierino. N: legnoso assai, mobilificio polveroso, tappeti e arazzi, gusci di frutta secca. Insomma, astringenza. C’è della pasticceria secca (i “Brutti ma buoni” alle nocciole, oppure gli Amaretti). Cereali essiccati insilati, fichi secchi, datteri. Un naso assai severo. P: mooooolto meglio, con crema pasticcera, noci di macadamia e biscotti al burro. Molto elegante e molto oleoso, con dei guizzi di frutta acidina (carambola) che pian piano si fa frutta dolce (caco). Qualcosa di sporchino, liquirizia e ottone. Sul fondo pepe, zenzero e un senso di balsamico. F: lungo, di nuovo legnoso, olio di frutta secca e pepe. Più composto rispetto al palato.
Elegante è elegante, però manca un po’ di spinta. Ci fermiamo un gradino sotto: 89/100.

Sottofondo musicale consigliato: Kies Drever – Scapa flow

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