Torniamo in quella landa desolata della torba, della pesca e dell’alcolismo che risponde al nome di Islay. E lo facciamo – ahinoi solo idealmente – per affrontare insieme a voi, nostri fedeli lettori, l’ennesimo nuovo imbottigliamento di Ardbeg, che ormai ne spara fuori a raffica con una rapidità pari soltanto all’apertura di nuove Pokè House a Milano.
Oggi ci versiamo “il primo single malt ispirato alle grigliate”, opera del solito Bill Lumsden in collaborazione con Christian Stevenson, aka Dj Bbq, guru del barbecue praticamente sconosciuto da noi ma famosino nel resto del mondo. E ciò a dispetto del fatto che veste camicie improbabili perfino per i canoni estetici discutibili di Giacomo.
Comunque, in attesa che qualcuno si inventi il primo whisky ispirato al carburatore della Gilera o alla Diavolina, vi basti sapere che il whisky invecchia in un mix di tre tipi di botti: botti a seconda carbonizzazione, probabilmente bourbon, botti ex sherry PX e botti sperimentali carbonizzate con un vecchio braciere. Trattasi di NAS e noi abbiamo sete, quindi ci ficchiamo subito il nas dentro. Il colore è rame.

N: più che sulle note di torba, che per carità ci sono e ricordano fuliggine e carbonella del vostro barbecue Weber, si apre su sentori abbastanza eccentrici. Uno si aspetta il bbq e arriva prima il bizarre. Stivali, formaggio affumicato siciliano. Del barbecue ha soprattutto un’altra suggestione: la salsa bbq con miele e ketchup. Non dimentichiamo però la parte più dolce, che in questo whisky ha il ruolo da protagonista: uvetta, melassa, arancia grigliata e caramellata. La carbonizzazione e la dimensione sticky del Pedro Ximenez viaggiano di pari passo. Non dispiace per nulla. Spunta pure un che di genziana.
P: se fosse un film, in una scala di eleganza sarebbe a pari merito con “American Pie”. Bello sguaiato, caciarone, un whisky bum-bum come la tequila, non roba d’essai. Noccioline americane e gelato all’arachide, a testimoniare un’esplosione di tostatura fin dal principio. Ancora, tostatura e dolcezza vanno a braccetto: sciroppo d’acero, noci pecan, struffoli e caramello bruciato. C’è del diabete in questo sorso. La dolcezza è poderosa, la torba passa in secondo piano, la sensazione è di una salsa zuccherina e umami allo stesso tempo: diremmo una salsa BBQ, con poca originalità. Anche una zuppiera di macedonia sversata sulla piastra. Qualcosa di sapido e ittico in mezzo a cotanto dolciume. Zuc dice “cozze”. Corrado evoca la carne di agnello, e a noi viene già fame.
F: più salato, e anche un filo più secco (più dolce era difficile). Frutta, caffè zuccherato, paprika affumicata.
L’amico Lamberto lo ha infilzato con la penna caustica della sua critica e per certi versi concordiamo con lui sulla sostanziale monodimensionalità del dram. Però nella nostra infinita misericordia aka “manica larga” non ce la sentiamo di punirlo troppo. Un whisky facile? Senza dubbio. Un whisky che fa il lavoro più antico del mondo? Eccome. Un whisky cattivo? Per nulla, e per di più con una gradazione più che dignitosa. Un whisky che ha senso? Ebbene sì, eccome. Se l’idea è un NAS da grigliata, cafone e easy going, l’obiettivo è centrato. D’altronde non sempre si ha voglia di vedere la trilogia dei colori di Kieslowski, eh. E dunque 85/100 alla piacevolezza spensierata.
Sottofondo musicale consigliato: Madonna – American Pie
2 thoughts on “ARDBEG BizarrebQ (2023, ob, 50.9%)”
Se lo definite “whisky facile” svelate il vostro bias di fondo!!!
Alla fine si fa bere, certo, ma sarà perché Ardbeg resta, nonostante tutto, una delle mie distillerie preferite che quando fa ste sboronate mi fa girare i torbati e divento cattivo.
Ahahah, ci hai sgamati subito! Eh, tu mantieni un rigore morale che abbiamo abbandonato… purtroppo le sboronate, o i concept cervellotici, sono ineliminabili. Per cui che almeno li facciano bevibili e decenti ecco! Però se fondi un partito di rivoluzionari armati contro le releases tamarre noi ci iscriviamo!