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PUNI RELOADED

Se Parigi avesse l’Amaretto sarebbe una piccola Saronno. Quante volte lo abbiamo sentito dire? Nessuna, ma ciò non toglie che la cittadina in provincia di Varese sia piacevole. Avete qualcosa contro Saronno? No, perché se ce l’avete potete mandare una mail al sindaco e vedervela con lui, invece di polemizzare su un blogghettino di whisky. Che in quanto tale, qualche sera fa è stato appunto invitato a una degustazione in quel di Saronno.
La serata è stata organizzata da Whisky Club Italia nella persona della mitica Serenella e fa parte di una serie di appuntamenti dal titolo “Italia’s got talent” che mettono sotto i riflettori le distillerie (per ora poche) e i selezionatori (tanti) che tengono alta la bandiera del single malt in questo nostro Bel Paese. Ospite d’eccezione, nel bel mezzo della rutilante movida saronnese – rutilante perchè nel silenzio totale rotolano solo covoni di sterpaglie come nei deserti dei western ., 5 whisky della distilleria Puni, la prima ad aprire in Italia.
Ordunque, ospiti di Tucci Atelier gastronomico e intrattenuti da Claudio Riva e da Luca Russo – ex “discepolo” di Whisky Club Italia promosso ad ambassador della distilleria altoatesina – abbiamo assaggiato varie cose. Quattro ve le scriviamo qui, un’altra, in anteprima mondiale, ve la spariamo domani, come nei migliori telefilm.

Puni Gold (2023, OB, 47%)
Il “base” della distilleria, per il quale si utilizza il mash di cereali maltati originario: frumento, segale e orzo. Curiosità: il disciplinare del whisky italiano è cambiato recentemente, adeguandosi a quello Ue. Così, se prima si poteva scrivere “triple malt” quando si utilizzavano diversi cereali maltati, ora “malt” si può usare solo per l’orzo maltato. Questo, come tutti gli altri, è imbottigliato senza filtrazione a freddo e senza colorazione artificiale. Maturazione in botti ex bourbon. Parecchi anni fa lo avevamo giudicato così. Vediamo se è cambiato. C: giallo pallido. N: molto aperto e profumato, centrato sul limone nelle sue mille forme: yogurt al limone, confetti al limone e perfino il Liuk, quel gelato-sorbetto con bastoncino di liquirizia. Mela verde anche, con mango e fiori bianchi. Senza dimenticare la vaniglia e la crema date dal barile. L’alcol tira un po’, difetto di gioventù. Con tre gocce d’acqua esplode letteralmente, si aggiungono litchees ma è proprio l’intensità della freschezza agrumata a colpire. P: meno incantevole senz’altro, dolcino e alcolico. E questa è una sorpresa. Non un corpo da peso massimo, ma la botte attiva e la gioventù graffiano. Kiwi, zenzero, cioccolato bianco e le doghe carbonizzate del barile. Pepe bianco e frutta bianca candita. Diluito si fa più piacevole. F: fresco, balsamico, caramelle fondenti alla banana. Ancora un filo troppo alcolico.
Rispetto al batch che assaggiammo, ci ritroviamo abbastanza, eccetto per quanto riguarda l’impatto del palato. Che ai tempi definimmo “debolino”, ma che ora ci sembra quasi troppo hard dal punto di vista alcolico. Per giudicare bisogna scindere le due fasi: un naso davvero buono e un palato qualche gradino sotto. Mediamo e diciamo 82/100.

Puni Sole batch #4 (2023, OB, 46%)
Prima di affrontare questo whisky, che ha lo stesso mash di tre cereali ma un invecchiamento di 4 anni (due in bourbon e due in sherry Pedro Ximenez), Luca ci racconta che qualcosa sta cambiando a Glorenza, dove nel 2012 la famiglia di costruttori Ebensperger ha inaugurato la splendida distilleria cubica di 13×13 metri ispirata ai fienili tradizionali locali. Innanzitutto ci si sta muovendo sempre più verso il single malt; in seconda battuta si stanno gradualmente abbandonando le cantine di maturazione ricavate nei bunker della Grande Guerra perché l’invecchiamento non sta dando i risultati attesi; e infine si va verso l’uso di cereali italiani. C: ottone bello giallo. N: subito piacevole e pieno, si sente che la maturazione è avvenuta in botti ricche. Vino liquoroso, cataste di miele, marmellata di arance. C’è poi una variegata gamma di sensazioni che derivano dal rovere, che vanno dalla nocciola al sandalo. Non Birkenstock eh, proprio il legno. E il bourbon? C’è, c’è: tartellette di mele golden e crema pasticcera, prugne gialle. E lo sherry? C’è pure lui: ciliegia e cioccolato al latte, soprattutto dopo qualche goccia d’acqua. Un naso denso. P: caldo, vinoso e goloso. Ci sono delle screziature di uva acidula e di arancia amara che lo trattengono dagli eccessi di dolcezza. E infatti rimane piuttosto bilanciato. Pan di spagna, castagne. Pastoso, piacione, con un corpo tra la pasticceria e l’olio di lino. Con acqua, grazie a Claudio abbiamo un’epifania: torrone alla mandorla. Dicevamo della dolce pastosità?… F: zuppa inglese, cacao in polvere, prugne alla cannella e un tocco di pepe quasi erbaceo.
Siamo andati a rivedere la rece del batch 1, e anche stavolta – seppure con recensori diversi – siamo più o meno in asse. L’oggettività ci dice che è un whisky dolce, ricco, senza difetti, più maturo della sua età. La soggettività ci dice che a Zuc tutto questo è piaciuto più di quanto non fosse piaciuto il batch 1 a Giacomo e Jacopo. E dunque 85/100.

Puni Vina (2023, OB, 43%)
Altra curiosità preliminare: gli alambicchi di Puni, costruiti in Scozia da Forsyths, sono scaldati con una serpentina interna ad acqua sotto pressione. E il logo del brand che si trova sulla (bellissima, checché se ne dica) bottiglia è la stilizzazione del cubo della distilleria. Bon, torniamo a bomba al whisky: stesso mash di triplo cereale e invecchiamento in botti ex Marsala. Oh, hanno 22 tipi di botti diverse in magazzino, non è che non si divertano a sperimentare… C: ottone scuro. Comunque tutti sembrano a prima vista metallici e lucidi. N: mmm, nonostante la passione di Luca per questo imbottigliamento, non sembra la nostra tazza di tè, come direbbero gli inglesi. Ossidato e metallico, e il colore non c’entra. C’entra ovviamente il Marsala, che contribuisce anche alla vinosità acidina generale. Pompelmo candito, prugne e potpourri. Con acqua il cereale fa finalmente un passo avanti (biscotti Cuor di mela) e tutto si fa più morbido: burro di cacao, grappa barricata. P: molto ricco e più piacevole del previsto, con uno zabaione iniziale da infarto causa colesterolo. Ci sono suggestioni dolci evidenti, che vanno dal panettone all’ananas sciroppato, una parte di biscotti secchi e delle spezie: cannella su tutte. Anche se è meno alcolico del Sole, sembra esserlo di più. Con acqua si siede un po’, spuntano dei cantucci al vin Santo e zenzero a sacchi. F: piuttosto lungo, miele di castagno e panettone bruciacchiato.
Il Marsala non è proprio il nostro invecchiamento favorito, ma rispetto a quel che recensimmo anni fa sembra un altro whisky. La parte acetica che ci aveva fatto storcere il naso e anche la cistifellea (perché deve storcersi sempre solo il naso?!), qui è presente ma non è così violenta da deturpare l’esperienza. Che non sarà eccessivamente rispettosa del distillato, ma che è abbastanza piacevole: 83/100.

Puni Arte edition 03 (2022, OB, 50%)
Il primo single malt imbottigliato dalla distilleria di Glorenza invecchia in botti ex sherry per 4,6 anni (è un vezzo della casa riportare le età in decimali…). 1655 bottiglie prodotte. C: oro giallo. N: pungente senza perdere la piacevolezza, attacca intenso e muscolare, con un bel mix di crema all’uovo, frutta gialla, albicocche secche e quintali di mou… Il tutto ricoperto da una spolverata di noce moscata e curcuma. Anche in questo caso l’alcol fa un po’ il gradasso, ma sostiene anche i sentori. Tantissima gianduia, per esempio, che si porta con sé una certa cremosità lattosa e delle note di fave di cacao. Mango essiccato. Con acqua spunta un bel limone maturo, la piacevolezza aumenta. P: pieno, con lo sherry protagonista. La frutta secca si prende la scena, la gianduia si fa cacao in polvere. Per il resto è ancora il bel carnevale di albicocche e scorzette d’arancia (ricoperte di cioccolato). Le spezie, ancora, non mancano: pepe di Timut, chiodi di garofano e soprattutto zenzero. Un accenno di acidità, cioccolatini boeri. Diluito, riecco lo zabaione e qualcosa di ananas. Buono e teso. F: solido e medio lungo, con mandorle tostate, crema all’uovo e oleosità. Ecco, l’uovo è totale. Ma è arrivato prima lui, prima la gallina o prima il whisky?
Gran bella bestia, il migliore della serata. Un whisky solido, che il barile ha plasmato in una bevuta poderosa e piacevole, soprattutto se con un minimo di diluizione. Ecco, l’alcol è forse l’unica cosa da gestire meglio. Invece molto buona l’idea passare al single malt, le potenzialità ci sono tutte e premiamo il nuovo corso con un 87/100.

Sottofondo musicale consigliato: Grateful dead – Fire on the mountain

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