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“The tattoo art” collection by franco gasparri

Siori e siore, siamo qui a presentare – in consueto ritardo come il regionale Tirano-Milano centrale – la terza serie della “Art collection” firmata da Franco Gasparri, l’uomo che per decenni è stato il volto, il naso, il palato e la barba di Diageo in Italia. Ritiratosi nella meritata pensione, Franco non si è invece ritirato dal mondo del single malt che ha contribuito a far conoscere in Italia. E ha iniziato la carriera di selezionatore e imbottigliatore indipendente. La prima serie riportava dei quadri in etichetta; la seconda esempi di graffiti urbani; per la terza ha scelto la nobile e misteriosa arte dei disegni su pelle, ovvero i tatuaggi. Quattro bocce, forza che abbiamo sete e non stiamo più nella pelle (non tatuata, incredibilmente, se si eccettua quell’avanguardista di Ansalone che ha tatuato l’ideogramma giapponese “ristorante”. E non stiamo scherzando).

Tullibardine 10 yo (2012/2022, 50.4%)
Il refill bourbon barrel #651139 ha dato solo 89 bottiglie. C: Chardonnay chiaro. N: curioso, ricorda la parte aromatica della grappa di Moscato. Mele Granny Smith, pere Kaiser, cedro (che non ha un nome, poverino, le mele e le pere sì, il cedro è figlio di nessuno). Fresco e giovane, si apre con il tempo a note di torta paradiso, crema di limone, vaniglia e carambola, croccante e acidella. Anche i canditi dicono la loro. P: qualche screziatura inattesa, come sulfurea. Forse proviene dalla distillazione? Chi può saperlo… L’attacco è ordinario, tra pasta di pandoro, vaniglia. Il grado è perfetto. Il palato centrale è tutto del cereale, ma con una dimensione erbacea e speziata: pane di segale con i semi di finocchio e di cumino. Liquirizia anche. Nel retronasale quella puntina di zolfo e un richiamo di ciliegie sotto spirito. F: breve, tortine di mele, caramello e candito di arancia. Cioccolato qui e là.
Un whisky semplice ma non semplicissimo, che a un naso tutto sommato non rivoluzionario fa seguire un palato più intricato del previsto, con puntine sporche. Difetto o neo che aggiunge fascino, ognuno decida per sé. Noi diamo un 81/100.

Dailuaine 13 yo (2009/2022, 56.8%)
Refill hogshead #300738, 202 bottiglie in tutto. C: paglierino chiaro. N: ancora fresco, ma più sulla frutta scrocchiarella: mela verde, lime, melone bianco e una bella quantità di bergamotto, aromatico e inebriante. La freschezza è a 360 gradi, c’è anche del talco, qualcosa di felci e fieno verde, perfino del vetiver e del muschio bianco. Scaglie di cocco essiccato. Poca cremosità, il naso è fragrante. P: eccola lì, la maltosità oleosa di Dailuaine che ci piace tanto. La freschezza, in compenso, la archiviamo. Dopo il calore parte la vaniglia, con biscotto (gli speculoos alla cannella) e spezie del legno. Masticabile e piacevole, con un retrogusto di legno e cioccolato fondente che ben si sposa al malto. F: legnosetto, biscottoso e abbastanza lungo, con noce moscata, arachidi e shortbread.
Come spesso succede, Dailuaine è l’alfiere del malto, nel senso che porta alta la bandiera della materia prima e la eleva a un livello di protagonismo assoluto. Un whisky fatto bene, solido, senza grilli per il capo, astenersi perditempo e cercatori di eterodossie. 84/100.

Blair Athol 14 yo (2008/2022, 59.2%)
Il refill sherry butt #300988 (evidentemente non imbottigliato interamente) ha dato 240 bottiglie. C: oro. N: si apre su toni leggermente acetici che fanno subito pensare a un vino secco, affilato, con pochissima frutta, al massimo bucce e pera essiccata. Quel che prende subito il timone del naso è invece una parte aromatica, quasi profumata, fatta di sandalo, nocciola e legno di argan. Con anche del patchouli, ma forse farnetichiamo come i mariti costretti ad accompagnare le mogli per ore in profumeria. La gradazione alta trattiene un po’ l’esuberanza degli aromi, ma anche una lieve diluizione non scatena il putiferio. Giusto un po’ di vaniglia e vino speziato in più. P: severo e massiccio, il grado è impegnativo ma non contundente. Si apre con una bella crema al marsala, uno zabaione forse. Sembra di essere più in pasticceria che dal fruttivendolo. Una nota ci si conficca in testa e non pensiamo ad altro: gelato alla Malaga con l’uvetta. Lo sherry si sente, senza esondare: cacao in polvere. E il cacao (con il caffè) si fanno più forti con due gocce d’acqua. Pepe nero, anche. F: lungo, crema di mascarpone al cioccolato. Spezie.
Un eccellente esempio di come Blair Athol in sherry – qualsiasi sherry, anche parecchio refill come in questo caso – dia il meglio. Non uno sherry monster in termini di frutta, né di note scure, ma più che altro un bel malto arricchito da suggestioni vinose e di pasticceria. Un 87/100 convinto anche per il corpo più che soddisfacente.

Caol Ila 11 yo (2010/2022, 56.9%)
233 bottiglie dal bourbon barrel 321697. C: vino bianco. N: banana, l’unico frutto dell’amor. Un primo naso totalmente dominato dalla banana flambé. In generale, c’è una curiosa predisposizione alla dolcezza fruttata. Corrado, forse geloso dell’avanguardismo di Ansalone, dice “popcorn ai frutti rossi” e sta pensando di farselo tatuare. Ribes, succo di melograno, ma anche smalto. Un Margarita con mezcal e granatina. E vi abbiamo già regalato anche la ricetta per il drink di questa fine estate. La torba non è per nulla evidente, lavora sottotraccia. Più netta la parte balsamica: molta menta e un guizzo di sale. P: gradazione eccellente, bell’ingresso tutto giocato fra il dolce e il salato. Più affumicato che torbato, in bocca si riduce la dimensione fruttata e cresce il malto: pane cotto nel forno a legna. Zuc ha fame e dice: “wurstel bianco con qualche marmellatina indefinita”. Vecchio gourmand teutonico che non è altro. Zucchero a velo. Un Caol Ila bizzarro, ma interessante. F: rimane dolce, di media lunghezza, con torba, mela gialla, zenzero e qualcosa di verde, di nuovo, che potrebbe essere dragoncello.
Caol Ila cattivi sono difficili da trovare, ma Caol Ila originali molto difficili. Questo è un isolano particolare, poco tipico, ma comunque godibile. Colpisce la parte dolce che spinge nel retro tutte le altre suggestioni: 86/100.

Sottofondo musicale consigliato: Blink 182 – What’s my age again? Perché i nostri eroi corrono nudi e tatuati come solo Ansalone potrebbe fare. E perché quest’anno si sono riuniti e sono in tour anche in Italia. Era bello essere giovani e punk, sempre meglio che essere trap.

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