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hakushu 12 yo (2018, OB, 43%)

Il molto onorevole Zuc San domani se ne va in Giappone, quindi ci è venuta voglia di augurargli buon viaggio con un molto onorevole Hakushu 12 anni. Che come viatico non è male, eh. Ci fosse andato Giacomo gli avremmo semplicemente augurato di non finire arrestato dalla buoncostume nipponica, per dire.
Hakushu è la distilleria forestale del gruppo Suntory, nel senso che se ne sta in un posto semi-paradisiaco nei boschi alle pendici del monte Kaikoma. Almeno questo è quello che ci sembra dalle foto, ma dato che neanche Zuc la visiterà durante il suo tour, continueremo ad ignorare la realtà e a fidarci di quel che ci raccontano altri. Che vita grama.
Questo è il 12 anni, che a dire la verità abbiamo già assaggiato alla cieca durante un lisergico avvento di qualche anno fa. Ci aspettiamo di sentire quel fumino fresco che caratterizza questo single malt leggermente torbato. IL colore è quello di un vino bianco.

N: fresco è fresco, senza dubbio. Si apre con un che di vegetale e quasi floreale (la suggestione è la grappa di rose, ma più realisticamente forse sono fiorellini bianchi non meglio precisati). Colpisce un certo lato spiritoso, e non nel senso che faccia ridere: note di acquavite di lamponi o prugne, quasi uno slivovitz ben educato. Insomma, si sente il distillato. Poi ecco la dimensione “verde”, con felci, sottobosco, erba medica e lime. La frutta, rispetto a come lo avevamo sentito qualche anno fa, ci sembra decisamente meno protagonista. Giusto qualcosa di pera e pesca bianca, forse. Ah, dimenticavamo al torba. Nel senso che è un apporto veramente dimenticabile, giusto un’eco lontana, ed è proprio torba umida più che fumo.

P: in bocca è decisamente più convincente rispetto a un naso troppo “vezzeggiativo”. Il primo sorso è felpato, morbido: miele, biscotti Cuor di mela, gelée al pompelmo rosa. Da qui si alza finalmente quel fumo leggero e inebriante che ricordavamo di aver assaggiato in altri Hakushu. Aghi di pino, anche. Completa il panorama una bella patina oleosa che ricorda la frutta secca e in particolare le barrette di sesamini caramellati. Non un mostro di complessità ma ha tutte le sue belle cosine a posto.

F: medio lungo, una brioche su cui è stata spenta una candela di cera. Che immagine estetizzante alla Yukio Mishima… Un tocco verde e un filo di pepe a chiudere.

Passano svariati punti di differenza fra il naso e il palato, a favore come avrete capito di quest’ultimo. Quel che non torna all’olfatto è una sorta di disconnessione dello spirito con la botte, con quelle note di distillato un po’ sparate che non ci saremmo aspettati. In bocca invece si risistema tutto, il whisky rientra nei ranghi della compostezza tipica dei single malt giapponesi e il dna boschivo e torbatino della distilleria ne esce vincitore. La media è un 85/100. Lo potete trovare qua.

Sottofondo musicale consigliato: R.E.M. – Half a world away

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