Questi sono quattro single malt curiosi. Insieme compongono la serie The Dava Way, chiamata così dal grande percorso escursionistico di 38 km che segue l’itinerario della vecchia ferrovia delle Highlands che passa proprio accanto alla nascente Dunphail distillery. Che, per chi non lo sapesse, è la distilleria con cui i proprietari di Bimber vogliono buttarsi nello Scotch, dopo le meraviglie fatte con i loro whisky made in London. Mentre si attende il single malt che verrà prodotto qui, si è pensato di imbottigliare dei single cask esemplificativi di diverse distillerie. Non la cosa più rivoluzionaria del mondo, ma non è che uno può scoprire l’acqua calda ogni settimana. Tutti sono imbottigliati senza coloranti e senza filtrazione a freddo.
Dailuaine 13 yo (2009/2022, The Dava way, 50%)
Il cognac butt ha dato 510 bottiglie. C: paglierino. N: fienile, cereale umido con qualche screziatura metallica. C’è un lato vinoso (prugne, uva zuccherina) che si rinsalda a una parte più scura, di biscotti al caramello e cioccolato al latte. La frutta è piuttosto verde, dalle mele renette al lime. Gli olii essenziali della buccia (o è bergamotto?) sono evidenti. Con il tempo anche orzata, mandorle crude, le sfumature sporchine spariscono e rimane un malto solido, anche se non molto complesso. P: più pulito, secco, con una certa esuberanza alcolica. Il profilo sobriamente cereale di Dailuaine è ben presente, con un corpo anche bello cicciotto (la parte oleosa, quasi di crema chantilly, è eccellente). Su questo bel telaio ecco l’apporto della botte, con peperoncino, liquirizia, tabacco piccante. Toast ai 5 cereali tostato (per forza, è un toast…) con un velo di caramello e spezie a caso, dalla noce moscata al pepe bianco, dallo zenzero alla cannella. Ancora buccia di agrume. L’acqua lo rende meno graffiante dal punto di vista alcolico, ma anche più amaro nel finale. F: un po’ di legno, cereali, miele, mele e limoni (anzi, con acqua anche caramelle frizzanti al limone, quelle Seltz!).
WCS(A)DW: whisky-che-sa-(abbastanza)-di-whisky. Dailuaine è spesso così, una specie di Bignami dello Scotch delle Highlands, con il suo malto strutturato e le sue screziature. Però qui si aggiungono anche le note vinose e speziate della botte di cognac, che non sono mai esagerate ma neanche sembrano integratissime. A noi Dailuaine piace di più in bourbon, quando è più diretto. 81/100.
Benrinnes 12 yo (2009/2022, The Dava way. 54%)
Un hogshead da 310 bottiglie. C: oro chiaro. N: il primo naso è una moina che ci fa innamorare: frutta croccante e fresca con un qualcosa di grasso e un po’ unto che ci conquista. Ma andiamo con ordine: sorbetto innanzitutto (al limone, ma anche alla pera o alla mela verde, ad ogni modo fresco), melone bianco, carambola. Poi ecco il rame – il worm tub di Benrinnes… – con le sue note di lana bagnata. Ma c’è di più: c’è una mineralità curiosa e intrigante, qualcosa di calcareo, del propoli. E anche pennellatine di vaniglia. P: il mio grosso, grasso Benrinnes! Porridge, ma fatto con il latte ad alto contenuto di grassi. C’è una avvolgente sensazione oleosa, di nocciole e caramello bretone, che viene stemperata da tocchi di pompelmo rosa e spezie (zenzero). Rimane sul lato austero della luna, per citare i Pink Floyd senza alcun motivo. E nel retrogusto ecco ancora metallo (un po’ scaldato, quasi bruciato diremmo) e un filo di piacevole legnetto amaro. F: arachidi tostate nettissime spuntano alla fine, a sommatoria delle note tostate e oleose. E poi caffè d’orzo, un accenno di carne bianca (il pollo, ci viene in mente il pollo ai ferri) e arance amare, forse un filo troppo amare ecco.
Ci piace, perché ci piacciono le sfide. Un gustoso 85/100 per un whisky difficile, in cui il carattere scontrosetto della distilleria è rispettato in pieno. L’oleosità e lo spessore del sorso sono notevoli, così come le sfumature di suggestioni diverse. Un dram non immediato, che ha cose da dire, ma che dividerà.
Glen Elgin 13 yo (2008/2022, The Dava way, 51.8%)
Hogshead recharred che ha dato 305 bottiglie. C: oro carico. N: succo di mela, limone maturissimo, pasticcino all’ananas. Dolce, morbidissimo al naso, crema pasticcera e un senso avviluppante di propoli, miele di acacia e mousse all’ananas. Fetta di pane tostata, imburrata e con un velo di marmellata d’arance. Un olfatto non complicatissimo, ma gioioso. Cioccolato bianco, anche. Dietro questa bella accoglienza ci sono anche dei guizzi di smalto e un accenno fresco di verbena. Primaverile, con brio. Ma non leggero, bello polposo. P: si conferma in tutto e per tutto: la stessa frutta gialla (limone anche in succo zuccherato), la stessa entrata dolce fatta di crema alla vaniglia e miele, la stessa struttura anche in bocca. Anzi, se possibile al palato è ancora più “grosso”: rispetto al naso si sommano le spezie del legno, con zenzero e pepe bianco a pizzicare allegramente, e aumenta il mouthfeel godurioso, coprente. L’acqua lo rende un po’ amarognolo, non ci va a genio diluito. F: si asciuga, si secca. E non intendiamo che perde la pazienza eh… Buccia di limone, erbe aromatiche essiccate, legno tostato, fette biscottate.
Glen Elgin si conferma un malto sontuoso, che anche a queste età dà grandi soddisfazioni, come se la maturità arrivasse prima. Un bello Speysider pieno, che soddisfa i bisogni elementari di tutti noi. Forse il barile più attivo aggiunge delle sfumature di piccantezza di cui non si sentiva la mancanza, ma siamo comunque su un 86/100 fatto e finito.
Orkney 17 yo (2005/2022, The Dava way, 60.3%)
Trecento bottiglie da un hogshead. C: oro. N: come addormentarsi in un ovile e svegliarsi felice. Lana bagnata, polvere pirica dei petardi, insomma un’ordinaria giornata di olfatto delle Orcadi, sporco e bello come piace a grandi e piccini. Più grandi che piccini, perché il senso terroso e metallico, quella torba un po’ minerale, sono molto netti. Cetrioli sott’aceto all’aneto, giardiniera di lime. In certi istanti sa di Gibson, la variante del Martini con le cipolline sott’aceto. Sul lungo emerge la salamoia, sassi sulla costa, cose così. Molto affilato e particolare. P: maschio e potente, la torba è in crescita ma ovviamente ancora sui toni della mineralità, tra liquirizia salata, un inconsueto lato medicinale e perfino qualche nota di smog. Oleoso, sapido, bucce di pompelmo, anche albicocca acerba. Lime e finocchio affumicato. Quello colpisce più di tutto è l’intensità tutta d’un pezzo del sorso, fra i 4 è senz’altro il più solido. F: spunta così senza essere invitato del cacao. Torbetta salata. Lungo e magico, dopo qualche minuto miele d’erica non dolce.
Eh, signori, questi sono whisky intricati, che mescolano tante suggestioni in arazzi a tante dimensioni. Al naso è più sporchino del previsto, ma senza mai rendersi sgarbato. Però è al palato che regala le emozioni migliori, con quel mix di torbina, sale e agrumi che chiede un altro sorso, e un altro, e un altro… Il grado è perfetto, il legno mai invadente. Un 88/100 che convince.
Sottofondo musicale consigliato: Vallanzaska – Generazione di fenomeni, tributo al mitico frontman Davide “Dava” Romagnoni