Oggi ci travestiamo da rich kids, ci accendiamo un Montecristo con una banconota da 500 euro e beviamo uno dei whisky più straordinari mai imbottigliati. Così, solo per farvi sapere che lo possiamo fare, come possiamo ingaggiare Mbappè e farlo giocare al campetto di Cimiano il sabato mattina. Sarebbe bello, ma purtroppo i nostri sogni di ricchezza finiscono qui. Dove inizia la recensione di un sample che Jacopo ha estorto all’immenso Max Righi a Limburg.
Stiamo parlando di un Glen Garioch in sherry imbottigliato da Silvano Samaroli negli anni Settanta. Un whisky giovane – solo 8 anni, praticamente va in terza elementare – a grado pieno di cui ne sono stati tirate 2280 bottiglie. Un whisky che però è entrato nella storia, unanimemente considerato un capolavoro. Il che ci spinge a due riflessioni: 1) quando vi dicono che non sempre l’età è sinonimo di qualità, hanno ragione; 2) quando vi imbattete in espressioni moderne di distillerie antiche ma oggi meno considerate, pensate a che patrimonio di gioielli liquidi hanno distillato in passato, e lasciate che le lacrime di nostalgia per quei tempi sgorghino calde. Il colore è un mogano rossastro. Del whisky, non delle lacrime, non siamo mica la Madonna di Civitavecchia.
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N: si apre con una nota che più originale non si può: la Worchester sauce. Il primo naso è tutto dominato dalle note umami, da salse saporite e dense: salsa di soia rappresa, il sugo dell’arrosto e soprattutto – dice Zuc – il Tabasco Chipotle, quello affumicato. Salsa barbecue, certo, ma quella è più banale. Tutto è scuro, carnoso, ma con venature dolci. Ricorda anche il jerky beef, quelle striscioline di manzo essiccate e aromatizzate allo sciroppo d’acero. Sentori dell’acqua in cui si mettono i funghi secchi a rinvenire. In questo panorama, la torba è sottointesa, fa da accompagnamento, quasi un senso di gomma bruciata in lontananza. Ma lo sherry non è esclusivamente umami, c’è tutto il mondo del cacao e dei frutti rossi a spalancarsi: tartufi fondenti, marmellata di ciliegie, prugne e more cotte. Queste note di frutta così vivide e “alte”, esaltanti, fanno gridare a Jacopo una corrispondenza con certi Bowmore. Intanto Corrado ci fulmina con il suo fico nero (no a doppi sensi, please): anzi, fichi dragee nel cioccolato. Con acqua si fa più dolce, fruttato. In una parola si fa esageratamente buono.
P: ha solo 8 anni ed è entrato in bottiglia 43 anni fa, eppure è carichissimo, una supernova di intensità, una vasca di sherry concentrata in un sorso. Come al naso, si apre sul dark side dello sherry, con tantissimo cuoio, tabacco, carne affumicata/essiccata (la slinzega valtellinese). E come al naso segue la frutta cotta, prugne secche e ribes. Quello che però si eleva sopra ogni altra nota al palato è l’Oloroso, purissimo, con tutta la sua astringenza e vinosità aristocratica. A questo punto siamo talmente in cima alla scala del piacere sensoriale che ci vengono le vertigini e ci lasciamo trascinare dalle sensazioni: liquirizia, castagne, cacao amaro, grasso stagionato e affumicato, liquore al caffè (tanto e godurioso), biscotti Speculoos alla cannella… Potremmo andare avanti ore, è uno di quei whisky che ogni 5 secondi ti suggeriscono qualcosa di diverso, nuovi spunti, nuovi mondi. Con acqua anche qui la frutta diventa divina, con marmellata di more, mirtilli, ciliegie. Incredibile.
F: è la parte più torbata di tutta l’esperienza, con liquirizia, legno bruciato e un senso proprio di torba terrosa e salata, molto peculiare. In fondo, dopo parecchio tempo, quel che resta in bocca è però la magia della frutta cotta, con tratti balsamici elegantissimi.
Che dire? Questo whisky ci fa venire in mente una parola tedesca intraducibile eppure magnifica: Zweisamkeit. Che più o meno è la solitudine insieme, di solito riferita a due persone che si amano così tanto che bastano a loro stesse e si escludono dal resto del mondo. Ecco, noi eravamo in tre a berlo e anche se ci vogliamo abbastanza bene non siamo ancora arrivati a questo livello, ma era per provare a rendere l’idea di quanto totalizzante sia immergersi in un distillato del genere. Che ti porta via da tutto e lo fa con ogni arma: l’intensità, la ricchezza, la complessità, l’incredibile equilibrio, la perfezione del grado, l’integrazione dello sherry, la torba così spessa, la frutta così sfavillante… Sì, stiamo esagerando, ma ci rincuora leggere che anche Serge si è fatto prendere decisamente bene. 95/100 signori, non uno di meno.
Sottofondo musicale consigliato: The Smashing Pumpkins – Perfect
2 thoughts on “Glen Garioch 1971 Samaroli (1971/1979, Samaroli, 59.6%)”
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[…] Ansalone si è sposato, eccone una valanga. Con ancora le lacrime agli occhi per la meraviglia del Samaroli 1971, ci apprestiamo dunque a berne altri due, anche loro piuttosto autorevoli per invecchiamento e […]