Il gioco delle coppie: due “Smws” completamente a caso

Facile mettere insieme rilasci dello stesso invecchiamento, o della stessa distilleria. Si fa presto a fare un post mettendo insieme una verticalina di un unico marchio. Provateci voi a recensire due cose che non hanno alcun legame logico fra loro! Ebbene sì, nella nostra costante ricerca di una via dadaista al whisky, eccoci con un post totalmente sconclusionato, in cui accostiamo due imbottigliamenti della Scotch Malt Whisky Society solo perché un’anima buona ce ne ha portati due campioni al Festival. Noi lo ringraziamo e provvediamo a scriverne senza curarci di trovare un perché e un percome. Come state? Le sette meno un quarto, grazie.

Glengarioch 19.51 “Comfy and cosy” (2003/2021, SMWS, 58,7%)
Un 18 anni invecchiato in first fill bourbon casks. C: oro. N: mai annusato un whisky che sapesse così nitidamente di succo d’ananas. Tutto molto giallo, un whisky-Simpsons: mele golden cotte, gommose al limone. C’è anche quel succo Santal mango e latte, che così spesso citiamo senza che nessuno ci versi mai non diciamo delle royalties, ma almeno un bicchiere di succo. Latte di cocco, anche, a sottolineare un aspetto cremoso che evolve nelle note classiche dei bourbon first fill: creme brulee, budino alla vaniglia. E una tarte tatin di frutta tropicale. P: molto coerente, con ananas, mango e una più incisiva nota acidina tra il succo di limone e la mela renetta, con del ribes bianco. Il legno si fa sentire, ma con moderazione. Quello che esplode è una pannosità ampia, che ricorda il burro e zucchero cotto nella padella, il toffee. Corpo molto oleoso, con una sfumatura sporchina di metallo. L’acidità tiene sempre vibrante un palato che altrimenti rischierebbe di sedersi sul divano: pesche al vino bianco. F: continua la triade frutta-panna-acidità. Vaniglia, latte e legno.
Un barile davvero singolare, meno semplice del previsto. Soprattutto la parte casearia/cremosa, legata ai guizzi più “sour”, regala una dicotomia insolita. A noi è piaciuto, perché premiamo sempre gli audaci che cercano nuove vie. E lo dimostriamo con un 86/100 convinto.

Highland Park 4.284 “Orcadian nights” (2000/2021, SMWS, 55,2%)
Refill bourbon hogshead, che come ben sapete se ci avete ascoltato raccontare il nostro Orkney 13 anni, è l’invecchiamento che preferiamo per Highland Park, perché ne rispetta in pieno le caratteristiche uniche. C: oro chiaro. N: quando il cestino di frutta incontra il candelabro di ottone, il bevitore di whisky non è un uomo morto, ma un uomo felice. Susine, albicocche secche e melone giallo, con una pera in confettura, il tutto elevato al rango di santità dal fumo delle candele in chiesa. Un tocco di fuliggine, come quella che si attacca alle pentole. Un filo di burro rancido e lana bagnata, a ricordarci che HP è un malto screziato e splendidamente bastardo. Uva passa. P: rotondo e fruttato, il legno entra elegantemente in un palato dominato dalla pesca. Il miele d’erica classico di HP qui è più presente, così come la torba delle Orcadi, aromatica e di terra, che ricorda il cordame affumicato. Un guizzo di sale ben distinguibile. Una nota di limonata amara apre all’ultima parte del palato, più erbacea e con un tocco medicinale. Con acqua si fa più cremoso, lemon curd salato. F: creosoto, torba minerale, sale e un lieve accenno amarino.
Eh niente, HP ha un malto così naturalmente complesso che meno la botte lo trasfigura, meglio è. Qui è tutto molto educato, anche le note “off” si comportano bene, tutto sta al proprio posto in un whisky molto isolano. Un angelo dalla faccia sporca: 88/100.

Sottofondo musicale consigliato: Contrabbanda – Canzone senza senso.