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Jameson Deconstructed series

Ah, il decostruttivismo architettonico, parente di quello filosofico. Ah, la lezione di Derrida e l’esempio di Gehry, Koolhas e Libeskind. A questo punto voi lettrici (ma anche voi lettori, suvvia) dovreste già esservi innamorate della nostra profonda cultura, è inevitabile. Però sappiate che siamo tutti impegnati per cui no, vi ringraziamo per l’interesse ma purtroppo non possiamo trascorrere un weekend con voi a discorrere della vita “senza geometrie” e delle gioie intellettuali dello sfoggio di nozionismi, non insistete.
Tutto questo preambolo narcisista è per introdurre la “Deconstructed series” di Jameson, il Real Madrid degli Irish whiskey, il marchio universale sinonimo di irlandesità nel bere. Si tratta di una triade di variazioni sul tema inizialmente riservata al Global Retail, che nel 2016 ha aperto un periodo di rinnovamento del brand. L’idea di base è di scomporre le varie anime che partecipano alla creazione del profilo di Jameson, enfatizzandole una ad una con un imbottigliamento (da litro) che ne esalti gli effetti sul whiskey. Non spoileriamo oltre, sappiate solo che i tre piccoli porcellin si chiamano Lively, Round e Bold. Che sono nomi un po’ così, ma anche Qui, Quo e Qua non scherzano eh…

Jameson Lively (2016, OB, 40%)

L’accento cade sulla “composizione”, in sostanza sul blending. La percentuale di whiskey di grano è piuttosto alta, dunque aspettiamocelo “Vivace”. Tipo il Gutturnio? C: oro chiaro. N: attacca con quel tocco croccante e floreale di violetta e pera acerbissima che fa appunto croc, e non parliamo degli orrendi zoccoli di gomma. Poi però spunta subito una nota assai artificiale, tra il solvente e l’Arbre Magique: avete presente proprio i profumatori per ambiente? Ecco, loro: aghi di pino o cedro, che non sono proprio uguali, ma ci vengono in mente insieme e sono assai pervasivi. Un filo di vaniglia e zucchero liquido a iosa. In effetti, è sempre in filigrana un tappeto di dolcezza da grain un po’ astratta e di caramella alla frutta, che è forse il lato più piacevole di un naso deodorato. P: è totalmente coerente, nel senso che anche qui domina la parte artificiale di profumo floreale. Poi è la volta della dolcezza di caramella gelée alla frutta (banana?). Infine, ecco una piccantezza e un pizzicore alcolico inaspettati per un blended a 40%. La spezia si dissolve in fretta, rimangono vaniglia e ancora zucchero. F: corto, un filo meno dolce e non appiccicoso. Cedrata e un tocco di ginger amaro.
Difficile da votare, ci sono cose che non ci dispiacciono e cose che ci irritano proprio. Tra le prime, quel senso di fruttini carini che spesso sono il tratto distintivo gli Irish. Tra le seconde, l’ingombrante lato floreal/profumoso e un alcol che al palato sembra immotivatamente imbizzarrito. E queste due pecche pesano non poco. 75/100

Jameson Round (2016, OB, 40%)

Qui si esplora il magico mondo dell’influenza del legno con un bel giochino di barili vari: virgin oak, ex Bourbon barrel in rovere americano ed ex sherry butts. Come Giotto, affrontiamo questo “Rotondo”. C: oro antico. N: non male, meno freak e svolazzante. Anche un po’ meno Irish nel complesso, se si eccettua una nota di buccia di clementino. Ad ogni modo, questo barlume di frutta è ben nascosto dai giochini di botte, che per essere onesti ci sembrano fatti bene. L’influenza dello sherry è la più evidente delle tre, con un velo di cioccolato al latte e un’idea di cuoio. Le botti americane – soprattutto vergini – invece danno un senso di mou mescolato a speziette varie e dolci. Intendiamoci, non che questi sentori siano adamantini ed esplodano al naso: sono piuttosto accennati e sovrapposti, a creare un profilo gradevole anche se mai intenso. P: l’attacco deboluccio ci riporta un attimo alla realtà delle cose. Ci eravamo dimenticati che fosse un blended Irish, il che significa corpo piuttosto acquoso sulle prime. A dire il vero, migliora con il passare dei secondi: gli agrumi colpiscono per vivacità, la vaniglia (in stecchetta proprio) emerge. Un paio di note dolenti rimangono e sono quel tocco fastidioso di fiori vari e l’alcol un filino sgarbato. Ma nel complesso è molto più rotondo (Round) e unito rispetto al Lively. Una bevuta decisamente migliore… F: …così come il finale, che è di media lunghezza, tra fudge, cereale al miele e speziette miste.
A nostro gusto un bel passo avanti. Il tris di legni è piuttosto equilibrato e in generale l’esperienza ne trae giovamento. Più intenso, più lungo, più rotondo (Round…) e per questo anche più piacevole. Senza per questo montarci la testa, eh: 80/100.

Jameson Bold (2016, OB, 40%)

Il più “Robusto”, definito “pot still perfection” perché la percentuale di distillato in pot still è preponderante. C: oro zecchino. N: il primo naso è straniante, viene la tentazione di chiedere un trapianto di narici perché probabilmente sono da buttare: fragola! In caramella e gommosa, da dove arrivi non lo sappiamo. Però dopo alcuni istanti le cose si sistemano e prendono la via del metallo, rame o monete, fate un po’ voi, perché non monete di rame così siamo tutti felici? Curiosamente si fa strada una nota un filo sudata, ossidata, quasi “old style”: banana un po’ passata, melone, quella frutta lì un po’ pastosa e tendente a marcire alla svelta. Pera e mela Fuji! Perché va detto che è decisamente il più fruttato di tutti, almeno fruttato in maniera normale, ecco… E poi non si sente la maledetta aria di fiori Ambipur (per ora). P: attacco flebile, corpo debole ma decisamente beverino. Sembra un succo di frutta un po’ piccantello. L’alcol qui è integrato meglio e anche il mouthfeel sembra più complesso, più cremoso e perfino un filo oleoso. Che ci sta, essendo il pot still preponderante. La frutta è identica (mele, banana, con anche cocco), si somma del miele. Nel retrogusto emerge un qualcosa di più amaro e asciutto. Zenzero. F: non lunghissimo, tendente ancora all’amaro (qualcosa di erbaceo tipo tisana al miele). Cannella e noce moscata.
L’esponente che ci ha convinto di più. Non ha grossi difetti e unisce anche una piacevolezza beverina e facile che ci piace. Incarna meglio degli altri il nostro ideale platonico di blended Irish da servire a ettolitri durante una serata spensierata. Il tutto senza neanche cedere troppo alla semplicità, perché non sarà un rompicapo, ma ha le sue belle note curiose. 83/100.

Si trovano tutti e tre anche su whiskyitaly.

Sottofondo musicale consigliato: La femme – Disconnexion

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