Negli ultimi 10 anni abbiamo intrapreso un viaggio, come Ulisse quando è partito per tornare a Itaca, come un astronauta vagabondo nello Spazio: il nostro mare, il nostro spazio è stato il whisky, e nel percorso abbiamo incontrato tanti personaggi, e abbiamo scoperto infiniti mondi interiori.
Circe

Quante cose cambiano e come cambiano le cose se si beve whisky per dieci anni?
Sappiamo con certezza che per queste domande non avremo mai le risposte. Se l’obiettivo di un blog come Whiskyfacile fosse stato quello di costruire una casa dalle mura stabili dentro cui sorseggiare comodamente il nostro dram, beh, avremmo fallito miseramente. In un decennio i whisky nel bicchiere si sono dati il cambio vorticosamente (più di 1600 solo quelli recensiti), alcuni ci hanno lasciato per sempre, di altri nemmeno esisteva la distilleria quando abbiamo iniziato il nostro viaggio e così ci hanno sorpreso a metà del cammino. È capitato persino che whisky con lo stesso nome cambiassero gradazione, barili, ricette, in una parola l’anima. E se al fondo del bicchiere c’è sempre lo stesso indecifrabile enigma, pronto a confonderci ad esempio in una degustazione alla cieca, dall’altro capo del bicchiere ci siamo noi, che se possibile siamo ancora meno solidi dei liquidi che sorseggiamo.
In dieci anni il nostro modo di percepire il whisky si è capovolto spesso: nei gusti (torba o non torba? Bourbon o Sherry? Giovane o vecchio? E tante altre scelte impossibili…), ma anche nel modo di pensarlo, da piacere puro a possibile lavoro di una vita. E i pensieri a loro volta influenzano il gusto e a ruota le emozioni. Rendersi conto di questo gioco di specchi interiori vuol dire superare l’intrigo di Circe e della sua pozione, evolvere e non restare fermi al bicchiere. Di certo però in questi dieci anni non abbiamo perso la curiosità, la voglia di stupirci e non sappiamo ancora resistere al richiamo ambiguo di una Circe di puro malto, maga ammaliatrice che – si sa – ama trasformare i blogger troppo arditi in improbabili maialini spauriti…
Polifemo

Cosa vediamo davvero quando beviamo un whisky?
Il whisky è godimento assoluto, lo sappiamo: e proprio come Polifemo, che si lascia inebriare dall’alcol che gli offre Ulisse, anche noi tante volte abbiamo cercato nel bicchiere l’evasione, il divertimento, il puro edonismo sfrenato – e se il whisky è condiviso, il piacere è ancora maggiore, e se poi viene offerto… Ancora meglio! Povero Polifemo, come ti capiamo.
E però il gigante dall’unico occhio, il ciclope orrendo, per colpa dell’alcol perde la vista: ma non è stato il metanolo di un taglio sbagliato di teste e code a fregarlo, bensì l’eccessiva confidenza, la troppa sicurezza. E il whisky questa sicurezza te la fa sempre rimettere in discussione: ogni distilleria è diversa dall’altra, ogni barile è diverso dal barile gemello, perfino all’interno di una sola bottiglia, il whisky cambia, sorso dopo sorso.
Proprio questa è una delle grandi lezioni che questo distillato dal multiforme ingegno ti sa dare: devi solo stare ad ascoltarlo, devi deporre ogni preconcetto, e fidarti solo delle tue percezioni. Proprio quando perdi l’identità e diventi Nessuno, quando sei disposto ad abbandonare le tue sicurezze, allora sì che ti rendi conto della solidità delle tue percezioni, che nella degustazione sono l’unica cosa che conta.
Poseidone

Dove inizia il viaggio in questo mare di whisky? E soprattutto, finirà mai?
Ognuno arriva al whisky in maniera diversa, ma di certo prima o poi lo si incontra. C’è perfino chi ci nasce dentro, come uno scozzese di Dufftown o un irlandese di Cork. In molti invece iniziano mettendosi in cattive acque, tracannando in epiche feste liceali i peggiori Blended prodotti in qualche capannone di Glasgow. Molti di loro non ne vogliono sapere di salpare di nuovo, impauriti da qualche goccia di acqua di vita. C’è chi al contrario si innamora di questo distillato immergendosi nelle limpide acque cristalline di un whisky festival, e sai già che nuoterà felice per anni. E poi ci sono i beati che vengono iniziati da un caro amico esperto, il quale delicatamente li porta a esplorare fondali di meraviglie coralline.
A noi è capitato di rimanere folgorati da un’etichetta, che prometteva sentori di un falò sulla spiaggia, un misto di fumo e di iodio. Trovare quella promessa avverata in un bicchiere ci ha fatto perdere la testa e in un attimo la furia degli elementi ci ha spinto al largo, in un mare sconfinato di suggestioni.
Avevamo scoperto i whisky torbati di Islay che come succede a tanti segnano l’inizio del viaggio. Questo sapore unico ruba l’attenzione e non senza fatica all’inizio si cambia per seguire nuove rotte. Poi col tempo abbiamo imparato che i whisky sono tutti whisky e sanno tutti di whisky, sia quelli che si distinguono solo per un dettaglio sia quelli che non si somigliano per nulla. È anche questo che rende questo mare più simile agli spazi infiniti dell’universo.
Così il Dio Poseidone, armato di forcone e torba ci ha mandato alla deriva, e ormai sono dieci anni che vaghiamo. Nel 2021 celebriamo la nostra Odissea nello Spazio, non sapendo che sapore avrà casa nostra quando vi faremo ritorno. Per ora godiamoci il naufragio…
Adesso però stiamo tornando a casa. Da qualche parte nello Spazio, in un giorno qualsiasi di primavera, prima o poi approderemo a terra. Lucidate i monoliti, continuate a sciogliere e ritessere la tela: tenete d’occhio i nostri canali perché… stiamo arrivando.
One thought on “A SPACE WHISKY ODYSSEY”
spettacolari. Non vedo l’ora di assaggiarli!