Come si faccia a vivere per ben 7 anni sapendo di avere un campione di Lagavulin 37 nell’armadio, beh, non sappiamo proprio dirvelo. Cosa ci abbia spinto a rimandare l’assaggio non possiamo ricostruirlo, neppure volendo, perché ogni ragione possibile (ma no dai, beviamolo la prossima settimana, me lo voglio godere con calma; ma no dai, è più urgente recensire XY; ma no dai, aspettiamo, adesso non sono più concentrato) impallidirebbe con ogni evidenza di fronte alla magnitudine del liquido – o per lo meno della sua carta d’identità. Special Release 2013, Lagavulin 37 è un vintage del 1976, imbottigliato a gradazione piena dopo quasi un quarantennio di attesa in barili diversi, la cui identità non è specificata. Quando uscì, a quasi 1200€, il prezzo sembrava una follia: oggi quella stessa cifra sembra quasi normale, quasi scontata – e infatti in asta va regolarmente tra le 2500 e le 3000€. Abbiamo atteso anche troppo: ora beviamolo.

N: un po’ temevamo che i tanti anni in sample l’avessero guastato, ma dalla prima snasata capiamo che no, per fortuna il liquido è intatto. Un mostro, un vero mostro di complessità, tant’è che non sappiamo neanche bene da dove cominciare… C’è una nota di cera, di patina di cera, di emeroteca, di carta vecchia, di vecchi mobili di legno, che è veramente pazzesca – lo è ancora di più perché improvvisamente, dietro a questa prima coltre, si affaccia una dimensione fruttata spaventosa, tipica dei malti con invecchiamenti così lunghi: c’è frutta tropicale, ipermatura e affilata al contempo (maracuja, ananas essiccato), che va a braccetto con un fumo intenso, acre, che sta a metà tra il sigaro caraibico, il falò e un senso spiccato di tè affumicato, un lapsang souchong forse lasciato un po’ troppo in infusione. E le ostriche? Come non citare un’anima marina, costiera, iodata e davvero salmastra? Incredibile.
P: di straordinaria coerenza con il naso. Ha sviluppato nel corso degli anni questa favolosa compattezza, in cui mille suggestioni apparentemente distanti e quasi incongrue vivono assieme felicemente. Come definire altrimenti un palato che sa di albicocche disidratate e di ostriche?, di aghi di pino e di tè affumicato, poi di legno e di frutta succosa e matura (pesche, forse mango addirittura), poi ancora di inchiostro lieve e di fuliggine, di canfora e di marmellata d’arancia, di molluschi e di mele cotte… Incantevole, suadente e pure vivo, vivissimo, ancora scattante e nervoso nonostante i 37 anni di invecchiamento. Ancora fumo di sigaro, qualche punta erbacea minerale, ancora tannini astringenti (ma senza esagerare), una bella torba bruciata, ancora la pelle del pesce alla brace.
F: ah, siamo al finale: perché, finisce? Diremmo proprio di no, anzi è infinito, lunghissimo, sempre diviso tra una trama fumosa e salmastra e dei personaggi zuccherini e fruttati, ancora con una piccola patina di cera minerale e di apicoltura semplicemente sensazionale. Chapeau. Quando, due ore dopo, ti sembra che sia finito, in realtà ti rendi conto che hai ancora un senso di torba acre e petrolifera, smoggosa, che non ti lascia mai. Mai. È ancora qui, infatti.
Non c’è davvero molto da dire di fronte a un whisky del genere, c’è solo da togliersi il cappello e sperare che capitino altre occasioni per passare del tempo con un malto di tale statura. Anche un po’ imbarazzante dare un voto – 94/100. Chiudiamoci in un rispettoso silenzio.
Sottofondo musicale consigliato: Portishead – Glory Box.
2 thoughts on “Lagavulin 37 yo (1976/2013, OB, 51%)”
Che ricordi!
Uno dei whisky più buoni che abbia mai avuto la fortuna di assaggiare.
Un’esperienza mistica davvero!
[…] Lagavulin 37 yo (1976/2013, OB, 51%) – 94/100 […]