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Spey, ottimo direi: 4 assaggi

La Speyside distillery è una di quelle realtà che quando hanno scelto il loro nome non hanno proprio pescato il jolly dal mazzo. Un po’ come “Il Giornale” quando vai in edicola. “Salve, vorrei il Giornale”. “Sì, ma che giornale?”. “Il Giornale”. “Ho capito, ma quale giornale?”, e così via all’infinito.
Ad ogni modo, il whisky prodotto in questo impianto un po’ snobbato dai turisti e dagli aficionados sta pian piano scalando le classifiche di gradimento grazie alle espressioni degli indipendenti, ma anche grazie alla crescente qualità media degli imbottigliamenti ufficiali, raccolti sotto il marchio Spey. Il quale spicca per la bottiglia alta e affusolata ideata da un sadico che ha come obiettivo quello di cambiare le altezze di tutti i ripiani delle bottigliere del mondo. Agli ultimi World Whisky Awards, dove la foggia dei vetri conta zero, hanno molto apprezzato e Spey ha vinto il titolo di miglior single cask scozzese dell’anno con l’imbottigliamento rilasciato per lo Spirit of Speyside festival. Quale migliore occasione per assaggiarne qualcuno? Grazie a Fabio Ermoli, che lo importa in Italia, per i campioni.

Spey 12 yo peated (2019, OB, 46%)

Iniziamo da un torbato, non perché abbiamo picchiato la testa forte sulla mensola che abbiamo dovuto spostare più in basso per farci stare la bottiglia di Spey e siamo impazziti, ma perché è l’unico a grado ridotto. Edizione limitata di 3.000 bottiglie del 2019, invecchiata in barili ex Bourbon. N: delicato, con mela verde e torba verde subito, a dirci che siamo nel terreno del vegetale. Un aroma di talco, di salvia e limone bruciacchiate. In crescita proprio una dimensione di erbe aromatiche che arrivano a un passo dal floreale: forse è genziana? C’è poi del cedro candito, ma la gioventù è fresca, non sgraziata. Litchees non troppo sugosi. Un fumino lieve e aromatico (tipo incenso?) aleggia dal bicchiere. Piacevole. P: parte dolce su caramelle alla mela affumicate e vaniglia, ma si mantiene lontano dalla zuccherosità facile, prendendo piuttosto la via dell’amaricante: buccia di mandorla, una liquirizia mentolata, essenza di rabarbaro. Questa asciuttezza che ricorda perfino il luppolo si prende la scena e relega la torba al secondo palato. Una torba non invasiva, tra camino spento e fieno bruciacchiato. Curioso l’apparire di un pizzico di sale. F: rispunta la vaniglia in un finale fresco, non indimenticabile, ma tutto sommato piacevole. Sempre incentrato sul fumino leggero e sul limone salato.
Hanno fatto un bel lavoretto in quel di Kingussie. Uno Speysider etereo che gioca a mascherarsi da torbato, ma lo fa con ironia e gentilezza. Un torbato primaverile e da aperitivo, che invoglia a un secondo sorso (e a un terzo…) e che si mantiene sempre abbastanza equilibrato, molto British diremmo. La frutta non è certo il pezzo forte del repertorio, ma se volessimo la frutta andremmo dall’ortolano a prendere un kg di mele. Premiato: 85/100.

Spey Tenné cask strength batch #2 (2019, OB, 58,6%)

In passato ci era già capitato di assaggiare la versione a grado ridotto di questo NAS affinato in botti di Porto Tawny, oggi vediamo se la limited edition a grado pieno (1.500 bottiglie) è un passo avanti. Ah, tenné indica la sfumatura cromatica: da dizionario dei colori, è un marrone-aranciato, e la sua traduzione inglese è tawny. In realtà è di un inquietante rosa, ma pazienza. N: marshmallows alla fragola e pastiglie Leone rosa: in sintesi, zucchero e frutti rossi o frutti rossi e zucchero, vedete voi. La parte vinosa c’è, ma è vibrante e acidina, non liquorosa. Più che un Porto, ricorda un rosè di Provenza, ma forse è solo una suggestione. Un filo di arancia rossa con un velo di zolfo. Molto giovane, si sente il lievito. Ricorda una crema corpo ai frutti rossi, con una parte di glicerina. Inaspettatamente, l’alcol non è devastante e in generale il naso è espressivo. Pian piano guadagna spazio la vaniglia. P: qui le cose buone del naso vengono sperperate come i denari del figliol prodigo. L’alcol è pungente e pizzica la lingua. Piuttosto piatto, e con una dimensione dolciastra un po’ artificiale e un po’ incollata in superficie. Sotto, rimane il distillato, ancora ben percepibile e piuttosto aggressivo. Rimane quel senso di sapone alla fragola o alla rosa, il che al palato non è il massimo. Speziatino, spunta l’amarena alla grande. L’acqua toglie spigoli, ma lo rende un po’ stucchevole in una dolcezza totale che riporta al marshmallow. F: ancora amarena, un tocco di legno e pepe rosa (continuiamo a essere cromaticamente suggestionati).
Interessante, che è quello che si dice quando fai una cosa eccentrica per il gusto di provare, ma non è che poi muori dalla voglia di rifarla. Al naso ha un suo perché, il Porto prende la via che preferiamo, cioè quella dei frutti rossi discreti e belli acidini. Il fatto è che poi in bocca si frantuma un po’ e frantuma anche alcune papille gustative con la sua potenza alcolica. Non è un disastro, intendiamoci, ma manca un po’ di bevibilità e piacevolezza per farci dire un sì convinto. Ad ogni modo, 83/100.

Spey “Spirit of Speyside 2017” 9 yo (2007/2017, OB, 51,8%)

La limited release dello Spirit of Speyside festival 2020 è stata nominata Best single cask of Scotland; questa è l’edizione per il festival del 2017, un quasi dieci anni torbato. N: un naso leggero, fresco ed erbaceo ci accoglie. Rosmarino, ma spunta anche un delicato sentore floreale, potremmo puntare dei soldi sulla magnolia. Ma soldi non nostri, si intende. C’è anche un sentore di pasta del dentista che introduce un’ombra di torba minerale, molto molto discreta. Decisamente più evidente una frutta cremosa (pesca, mela gialla). Con pazienza, si gonfia una eccellente gamma di note di pasticceria, tra vaniglia, cioccolato bianco e pan di spagna, ma senza mai perdere la freschezza. P: che buono, così pieno e piacevole fin dal primo sorso. Ancora cremoso, ma prima di avere tempo di esaminare questa cremosità è bene puntualizzare che qui la torba è ben più netta. Attorno a questa sensazione di cenere vorticano una frizzantezza tra limone, carambola e sedano e ancora quel senso vegetale di fresco. Rispetto al naso, rimane la dolcezza ma fa capolino una spezia piccantina tipo le gelée allo zenzero. Torta paradiso farcita di crema al latte. F: si fa più secco e asciutto, il chicco di cereale si prolunga e compare una nota avvolgente che ricorda la crema di manna. Siamo biblici oggi, perdonateci.
Decisamente un barile fortunato, dove il legno ha impastato la dolcezza alla freschezza del distillato in maniera non comune. Non colpisce per varietà, ma per equilibrio sì. Di sicuro è giovane, ma è anche solido e piacevolissimo, anche grazie a una gradazione perfetta. E diremo di più: è perfino parecchio elegante. 86/100.

Speyside 24 yo (1993/2018, The First editions, 59,4%)

Passiamo a un indipendente, ma rimanendo nella scuderia di Lost Dram selections, che infatti importa anche la serie The First Editions di Hunter Laing. Un 24 anni rilasciato nel 2018 non è cosa che si trovi tutti i giorni. N: al primo impatto sembra pieno e vecchiotto. C’è proprio una sensazione di salotto dei parenti anziani, con i mobili polverosi e i tappeti lasciati lì. Stuoie e vestiti stantii, ma non in un senso negativo, è quasi affascinante. Un visionario ci dice: frutteto acerbo. Nel senso che la frutta – in crescita – è tutta un po’ “indietro”: nespola, pera, noccioli degli agrumi. Olii essenziali e olio di canfora. Molto strano, a volte emerge perfino del nocino, altre volte una tisana alle erbe. Il profilo generale del naso è affilato e poco ricco. Con acqua si fa quasi floreale, spunta l’ananas e anche una certa cremosità. P: l’alcol non è proprio confortevole e di fatto lo strangola un po’. L’inizio è proprio bruciante e con un nucleo primordiale di legno di botte. Poi avvertiamo un bastimento di pepe scaricato sulla lingua, roba che nemmeno dopo un pranzo in trattoria a Roma. Se si sopravvive, ecco emergere una dimensione liquorosa, quasi di Gran Marnier, ma secco. Con calma si fa strada anche una certa frutta, mele e ananas disidratato, con un tocco di ginger. Non un prodigio di equilibrio e decisamente meno elegante rispetto al naso. Con acqua si fa più bevibile ma anche molto più amaro. F: tra il pepe e lo zenzero, si torna a un profilo secco e asciutto. Di frutta fresca ne rimane poca, ma compare qualche nocciola qui e là.
Faticoso, molto faticoso. Appesantisce il guerriero come l’armatura e il brasato. I 24 anni di botte qui hanno impresso un marchio netto, che dal senso di legno al naso passa a un invadente influsso del pepe al palato. Il grado tremebondo, poi, rende tutto ancora più complesso e – almeno per noi – neppure l’acqua riesce a trovare una via per interpretarlo al meglio. Il fatto è che non riesce a risultare piacevole, ed è un peccato. Bevuta cerebrale, che per gente di cuore come noi non è il massimo. 82/100.

Sottofondo musicale consigliato: Spoon – The underdog

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