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Glen Keith 20 yo (1996/2016, Jack Wieber’s, 49,5%)

glen-keith-jack-wiebers

Il nostro armadietto dei samples recentemente è stato sottoposto a trasloco, riordino e feng-shui. Il che significa che ora tutti i torbati guardano a Est e la nostra armonia interiore è decisamente migliorata. In questa ricerca del benessere fisico e mentale, ci siamo accorti che dall’ultimo Whisky Revolution Festival siamo tornati con una valigia piena di campioni e alcuni ancora attendono docili le nostre coccole. Tra questi, parecchi sono di imbottigliamenti di Jack Wieber, selezionatore berlinese che fa il mestiere più bello del mondo da fine anni Novanta e viene importato in Italia dalla Lost Dram selections di Fabio Ermoli. Questo è un Glen Keith di 20 anni, distillato nel 1996 e imbottigliato nel 2016 per la serie “Old train line”: dal barile #8116 sono uscite 198 bottiglie. Il colore è oro zecchino.

N: ucci ucci, sentiamo odore di sherrucci? Il fatto è che il naso è una bottega di fruttivendolo: frutta matura, melone a iosa, composta di albicocche molli. Carico, pastoso, densissimo. Un filo alcolico, e con un po’ di sentori legnosi qui e là a dimostrare l’età. Subentra poi una teoria di biscotti secchi Digestive al malto, toffee e qualcosa di caramello bruciato: c’è perfino chi rievoca la banoffee pie, la torta al caramello, banana e latte condensato parto di una mente diabolica e sadica. Accanto, a stemperare la densità clamorosa, ecco un tocco agrumato, più sottile, tipo marmellata di mandarini. Nonostante in fondo si avverta del miele di eucalipto, un naso molto diverso dai profili a cui ci ha abituato Glen Keith, più tropicali e freschi. Con acqua si fa più frizzante, con un accenno di aceto di sherry.

P: ecco la vetusta severità del ventenne. Si apre ancora dolcione, con una frutta ricchissima e avvolgente (ancora composta melone e albicocca, zero agrumi), ma vira subito verso un’austerità ricca e polverosa, di legno e malto purissimo. Una elegante dimensione di erbe secche di tisana e fieno. In generale vira a una secchezza d’antan, quasi troppo: buccia di mandorla amara. Diluito, si fa meno polveroso e amaro, ma anche più piatto. In genere l’acqua non gli fa bene, spunta anche una punta acetica.

F: melone in sottofondo, ma qui vince il malto a mani basse. Con ancora quel retrogusto amaro.

Siamo scissi, come una giuria che non sa decidere se l’imputato è innocente o colpevole. Ha sicuramente delle note deliziose (la frutta ricchissima, l’ingresso al palato entusiasmante), ma anche qualche indizio che lo condanna: una certa propensione all’amarezza e alcune note acetiche che ci sembrano sbagliate. Del Glen Keith che conosciamo ci manca quella raffinatezza tagliente della frutta: eravamo abituati ai gialloverdi e ci ritroviamo l’arancione. E non parliamo di politica, grazie a dio: 85/100.

Sottofondo musicale consigliato: Röyksopp – What else is there?

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