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Cotswolds Founder’s choice (2018, OB, 60,9%)

cotswolds-founders-choice

Se nel mare dello Scotch bene o male abbiamo capito dov’è il largo, dov’è la riva e soprattutto dov’è il bar sul molo, non è sempre facile orientarsi nel laghetto relativamente nuovo del whisky inglese. Il quale sta correndo veloce, grazie anche a un disciplinare bello snello che aiuta le sperimentazioni. Fra le realtà recenti c’è Cotswolds, distilleria inaugurata nel 2014 nell’omonima zona collinare a Est di Oxford. Di proprietà di Daniel Szor, un finanziere newyorchese, ha vinto parecchi premi in poco tempo: tanti per il London Dry gin, uno per la miglior “visitor experience” e uno anche per il miglior new make (Whisky Bible). Il primo single malt del core range era un entry level di 3 anni; ora è tempo di alzare l’asticella con il Founder’s choice, il primo cask strength di casa, invecchiato per 4 anni nelle botti preferite dal fondatore Dan, appunto, ovvero barriques di rovere americano ex vino rosso raschiate, tostate e ricarbonizzate. Nel bicchiere abbiamo il secondo batch del 2018, al grado spaventevole di oltre 60%. Fondatore, non affondarci le papille gustative, please.

N: immediatamente profumato, per nulla alcolico. C’è del legno vergine che accentua la bourbonosità, ma anche quei legnetti di incenso naturale. Di certo le botti sono esagerate, il profilo è spinto e moderno. Dopo il legno, ecco i fruttini rossi, in forma infantile. Nel senso che ci sono note di gelée alla mora, Ricola ai frutti neri e erbe e marmellata di frutti di bosco. Molto piacevole e anche fresco, tra l’eucalipto e la clorofilla (rovere americano, sei proprio tu). Davvero profumato, lo metteresti volentieri in salotto come profumatore di ambienti. Mandorla dolce, pesca. Con acqua emerge più vaniglia e un che di gelato alla crema Malaga. Si fa più frizzantino.

P: pienissimo, qui l’alcol si sente distintamente, ma non in maniera sgradevole. Più che altro l’attacco è piuttosto tannico, l’inizio è un lampo di astringenza. Proprio quel tocco di vino rosso, ma secco, non liquoroso. La gioventù mostra un po’ i suoi limiti: in bocca è meno complesso, con parecchio toffee. Per usare una metafora da colazione da bambini col colesterolo, più burro e meno marmellata, anche se i frutti di bosco ci sono ancora (succo ai frutti di bosco?). Pian piano vira al cremoso, yogurt ai frutti di bosco. Con acqua si fa meno teso, meno astringente ma anche un filo più amaro.

F: ancora frutti di bosco, un tocco di sale che non si sa da dove arrivi. Lascia una bocca da Barolo, soprattutto nel retrolfattivo. Sensazione di caramella industriale, dolcificante e frutti rossi.

Abbiamo dovuto controllare tre volte per essere sicuri che fosse davvero a 60 gradi, perché al naso mai lo avremmo detto. Tra l’altro l’olfatto è seducente e sorprendente, molto aromatico e invitante. Inevitabilmente però al palato torna più coerente con la giovane età, con tannini e gradazione più ruspanti. Non pensate però a una di quelle cafonate tanto di moda, con il vino sparato subito in faccia. Qui la vinosità arriva dopo, senza esagerazioni. Se non fosse per quel tocco di artificiale in fondo, saremmo stati anche più generosi. Ad ogni modo, per essere un whisky inglese di 4 anni a 60 gradi in STR red wine casks, va oltre ogni più rosea (o rosé) aspettativa. 84/100.

Sottofondo musicale consigliato: Vampire weekend – Oxford comma.

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