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Dream Whisky #1 (Ardmore 10 yo, 49,3%) e #2 (Caol Ila 7 yo, 55,5%)

Non siamo ancora ai livelli dei sushi bar, che se a Milano ti distrai un attimo un giorno vai in edicola a comprare il giornale e la mattina dopo ci torni e ti vendono un nighiri, ma il panorama whiskofilo italiano si sta facendo assai movimentato. Tra le varie iniziative, abbiamo già parlato (qui la nostra intervista) di Dream Whisky, il bel progetto di Marco Maltagliati e Federico Mazzieri. I quali, dopo un annetto di degustazioni, hanno finalmente coronato il sogno di iniziare una loro linea di imbottigliamenti con due “petardoni”, per usare un termine tecnico. Due single cask dall’etichetta volutamente evocativa e criptica: Dream #1 e Dream #2, tipo Genitore1 e Genitore2.

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Dream #1 Ardmore 10 yo

Noi che abbiamo una passione sconfinata per l’enigmistica non vediamo l’ora di risolvere i puzzle. Dream #1 in etichetta ha la testa di un cerbiatto, alcuni fiori, una spira di fumo e alcune foglie a testimoniare la natura agreste degli aromi. E anche se messa così sembrerebbe distillato di erba medica e filetto di cervo, si tratta di un Ardmore invecchiato in un ex Bourbon cask che aveva precedentemente contenuto Laphroaig. La gradazione è di 49.3%.

Dream #1 – Ardmore 10 yo (2019, Dream Whisky, 49,3%)

N: aperto e variegato, ci colpiscono subito note molto floreali, diciamo di fiori secchi: camomilla essiccata diremmo, ma forse è la suggestione dell’etichetta… Curcuma e qualcosa che ricorda un curry leggero, poi note lievemente mentolate. C’è un accenno di frutta bianca molto astratta (lychees, o forse uva); ci viene in mente anche “banana e aghi di pino”, provate ad assaggiare a vostro rischio e pericolo. La parte torbata è piuttosto smoggosa e sporca, anche se è anch’essa leggera: un mix di chimico e mentolato che ricorda il Vicks Sinex da spruzzare. Cereale verde e umido.

P: qui l’alcol è un po’ imbizzarrito, e se ne sente il sapore in modo abbastanza scoperto; il complesso risulta meno armonioso e più semplice rispetto al naso. La prima nota è proprio quella del cereale raccolto dal pavimento di maltazione, ed è una nota deliziosa. Ci sono sentori di legno carbonizzato, di cenere. Resta molto più aggressivo di quanto non promettesse, e nel complesso tende un po’ troppo al secco, a nostro gusto. Proviamo ad aggiungere acqua, e abbiamo fortuna: l’alcol tende a spostarsi e resta un grande senso di cereale affumicato, con appena qualche accenno di frutta (pera lieve). Zucchero bianco.

F: abbiamo già citato il cereale affumicato? Anche pepe nero.

Naso da 85, palato da 79, nel complesso facciamo la media e arrotondiamo per eccesso: 83/100. Colpisce perché ci aspettavamo un prodotto (pardon, un’emozione!) molto più ruffiano, molto più piacione. E invece è un whisky da nerd, un whisky “difficile” e didattico che sa di materia prima: non è decisamente una scelta scontata, e ci piace.

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Dream #2 Caol Ila 7 yo

Il secondogenito da sogno – come direbbe Briatore – è stato invece ribattezzato “W la foca”: Dream #2 porta in etichetta un’onda, un’otaria, dei lamponi, due rose e l’immancabile voluta di fumo. Ohibò, non avete colto? Ma è Caol Ila, ça va sans dire. Meno facile indovinare il finish: il colore è un curioso rosa che potrebbe indicare Porto o vino rosso. E infatti è Madeira: un anno di finish dopo i precedenti sei passati in botti ex Bourbon. Il grado è importante: 55,5%. Ora però è tempo di assaggiare.

Dream #2 – Caol Ila 7 yo (2019, Dream Whisky, 55,5%)

N: nonostante la gradazione, è molto aperto ed espressivo, non c’è bisogno di diluizione. Ci accoglie una torba piuttosto sporca e grassa, nonché marina: salamoia di olive nere, iodio, nafta alla fragola, che se esistesse sarebbe la gioia di ogni motore diesel. Il che introduce la seconda anima vinosa data dal barile, incentrata su sentori di sottobosco: fragole/lamponi e un profumato tappeto di foglie umide autunnali. La grassezza dello spirito spunta anche in una nota di würstel quasi caramellato, a sottolineare una dolcezza che tutto avvolge, tanto da sorpassare anche una lieve nota di muffa. Ma non pensatelo stucchevole, perché rimane sempre piuttosto fresco. Nel complesso naso intrigante e che non passa inosservato.

P: la dolcezza prima di tutto. Che si sostanzia in due diverse facce della medaglia: da una parte di nuovo una zuccherinità imprecisata di gelee ai frutti rossi; dall’altra di nuovo würstel con senape al miele. E nonostante questi descrittori allucinogeni, giuriamo di non aver assunto LSD durante questa degustazione. La marinità cambia maschera, rimane salato e acquista quella nota di inchiostro caratteristica di certi Caol Ila. Spunta una torbatura assai intensa e acre di legna bruciata.

F: prosegue la combustione: catrame e di nuovo tizzoni. L’inchiostro prolunga il tutto ma non cancella la vinosità da frutto rosso. Sensazione fresca tra anice e menta.

Questo whisky ci dà da pensare. Innanzitutto notiamo come l’età media dei whisky di Islay indipendenti stia scendendo e – a dirla tutta – questo non pare essere un male. Secondariamente, mettere un Caol Ila in una botte di Madeira come questa è come lanciare una monetina. Ma la fortuna, si sa, aiuta gli audaci e i ragazzi di Dream sono dei cuori impavidi. Nel complesso è un whisky curioso, un Caol Ila stranamente aggressivo nella torba e nella sua anima marina che trova una degna spalla in un barile bizzarro. Il Foca Juniors ha vinto la sua partita: 87/100.

Sottofondo musicale consigliato: The Coral – Dreamin’ of you

 

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