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DUE BRORA ‘RARE MALTS’ CON ARROGANZA

Succede che uno dei due fondatori di questo blog, quello che si è recentemente riprodotto per essere precisi, passi dei sabati sera casalinghi quanto meno interessanti. E che così, di botto, senza senso, beva due Brora della serie “Rare malts”. Per un evento particolare? Per celebrare un anniversario? Perché anche stavolta non siamo stati denunciati alle autorità per le sconcezze sparse nelle tasting notes? No, solo perchè può farlo. E dunque noi recepiamo e pubblichiamo il resoconto di questa arrogantissima decisione insindacabile di Jacopo e chiniamo il capo, consci della nostra pochezza di fronte all’onnipotenza dell’uomo che dà del tu ai dram epici e ai biberon.

Brora 21 yo 1977/1998 (OB, Rare Malts, 56.9%)
N: eccolo qui. L’impatto è commovente, l’intensità sorprendente, la complessità esaltante e la compattezza devastante. Tutto c’è, è un enciclopedia degli aromi in un solo dram: l’umida pietra di una chiesa medievale, la mineralità, gli scogli umidi su cui zampettano granchi ignari tra le alghe riarse, il fienile del nonno contadino, i cassetti dell’armadio della casa di montagna di nonna, la nonna stessa, le caramelle Rossana, lo stoppino della candela appena spenta, favo di miele leggermente essiccato, cera d’api, salamoia e pepe. Poi tabacco, un che di vecchia Chartreuse, carta antica, e ancora carruba, infuso di ottone, frutta cotta, ché non si pensi che non ci sono zuccheri e seduzioni: mele e pere cotte, prugne, frutta secca. P: incredibile, parte tutto sul dolcino, con ancora frutta cotta e crema bruciacchiata, birra dolce (cosa?), mela caramellata e zucchero di canna, dei fichi secchi deliziosi, una marmellata di limoni leggermente salata, un liquore d’arancia (l’agrume è in primissimo piano), ma mentre deflagrano i sapori sul palato si squaderna una mineralità tesa e salata che non lascia prigionieri. Sembra di avere in bocca dei ciottoli di mare, di ciucciare la testa di un gambero rosso forse, e poi un fumetto ceroso e ceneroso, generoso anche, alghe bruciate, sale marino, pepe caramellato, se per uno scherzo del caso dovesse davvero esistere. F: lungo, ramato, nel senso che dà sensazioni tutte di quel colore, tra un ritorno di vecchi liquori d’erbe, un foglio di carta antica, ancora un che di limone confit e schegge di sale. Una spolverata di polvere da sparo. Magnifico.

Brora 20 yo 1982/2003 (OB, Rare Malts, 58.1%)
N: il profilo è molto simile, anche se al primo naso sembra ancor più delicato: c’è una torba poco fumosa, tutta minerale e sporchina, iodata, da legno bagnato, chiglia di barca ribaltata sulla spiaggia d’inverno. Nel complesso è meno espansivo come naso, meno aperto, con una parte di frutta cotta, prugne secche e mele dello strudel (senza il resto dello strudel: solo le mele) nettamente prevalente. Che la bottiglia, rimasta aperta sicuramente per anni e che regalava ancora solo pochi cl, abbia lasciato svanire una certa dimensione più austera? Quello che c’è, però, è incantevole, sempre con carta vecchia e fienile e cera in grandissimo spolvero. P: anche al palato, per contrasto col 1977, la parte più ‘dolce’, se vogliamo, è prevalente, anche se a restare più in disparte non è la sapidità, che anzi chiude questa fase con fin maggiore intensità (sembra proprio che mentre lasci fluire il distillato sulla lingua cada come per magia un chicco di sale grosso, che accompagna verso il finale). Più ‘appiccicoso’, con pasticceria mediorientale, forse un che di sciroppo d’acero, prugne secche ancora in evidenza, in proporzione più sherry presumiamo, con note lievemente vinose quasi, da vecchio Oloroso. F: lungo, dolceamaro, con il brûlé della crème brûlé, caramello salato, sciroppi d’erbe. Qui arriva anche un fumo di torba secco, lieve eppure definitivo – nel senso che chiude il finale, compiendo una trama complessa e ramificata, ma sempre aggrappata a una linea predominante, come solo certe narrazioni tardo medievali.

Difficile confrontarsi con una tale magniloquenza perduta: niente, nessun altro whisky è così, è simile a questo profilo. Possono essercene di altrettanto buoni, ma così no, non ce ne sono. Il 1982 è sicuramente più semplice, più scolastico e più dolce, vien da strapparsi le dita a scrivere “meno speciale”, perché speciale lo è eccome. Il 1977 è più teso, nel complesso più complesso (che calembour straordinario eh?), più profondo, più vario. 90/100 al 1982, 94/100 al 1977, per tradurre l’emozione in voti. Ma numeri e giudizi sono solo una scoreggia che si disperde nel vento dell’eternità decadente di una distilleria che non sarà mai più.

Sottofondo musicale consigliato: Ulver – Nemoralia, nella fattispecie dove si cantano le “human candles
burning under Roman skies

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