Non è stato difficile ma è stato intenso. Concludiamo oggi il trekking tra le vette della distillazione, rappresentate dalle Special Releases di Diageo. Quest’anno non tutte ci hanno convinto, ma è il bello del single malt, soprattutto quando si sceglie di imbottigliare a grado pieno e di sperimentare con barili diversi, spesso eterodossi rispetto ai classici invecchiamenti in bourbon e sherry. E sperimentale è anche l’imbottigliamento che tutti noi più amiamo delle SR, ovvero il Lagavulin 12 anni che dal 2002 è presenza fissa e assai gradita. Da sempre il Laga 12 anni delle SR matura in refill bourbon hogshead. L’anno scorso per la prima volta sono stati utilizzati barili in virgin oak. Quest’anno è crollata la diga della tradizione e assistiamo a un finish in barili ex tequila Don Julio Anejo invecchiata 18 mesi in botti ex bourbon! Carramba che sorpresa disruptive, come dicono quelli bravi! Il colore però è il consueto paglierino chiaro.
N: si apre con un fumo di torba possente, ma dolce, quasi confortevole. Niente scene di apocalissi post-nucleari, con astronavi bruciate e cose così, ma quasi ricorda il mezcal. D’altronde la tequila sempre dall’agave proviene… Nei meandri del fumo verde, che i 12 anni non hanno addomesticato per nulla, si riconoscono l’acqua di mare e le alghe, ma anche qualcosa di più C’è dell’avocado grigliato, qualcosa di umido che ricorda il compost e delle prugne fermentate giapponesi. E poi una parte più compiutamente dolce, tra la crema al limone e un guizzo come di moscato. Sta tequila è ben curiosa, eh…
P: la dolcezza e la pungenza sono i tratti che subito emergono al primo sorso. Ci sono svariate frutte bruciate, ci piace pensare che ci sia un vecchietto che ad Islay si fa mandare col delivery frutta esotica e la butta nel camino: un ananas, un durian, e così via. La cenere è davvero evidente e accompagna un tratto grasso. Al naso sembrava avocado, qui potrebbe sembrare carne. Probabilmente anche qui è solo l’eredità dell’agave e dei suoi zuccheri. Spinto e loco en el coco.
F: bruciato, salino e compiutamente erbaceo, una sensazione che era balenata qui e là anche nel palato ma senza emergere così chiaramente.
Duole dirlo perché il Laga 12 per noi è sempre in refill bourbon, ma è venuto bene. Un’unione riuscita, anche perchè – come dice giustamente Franco Gasparri – parliamo di due eccellenze. Ma non era per nulla detto che insieme funzionassero. Un Laga che ha i tratti dei classici, con il tratto marino e la cenere nuda e spinta, ma che si arricchisce di un’ottima presenza dolce e vegetale che non stona: 87/100. Non sarà una leggenda come recita il sottotitolo “The ink of legends”, ma ci piace.
Sottofondo musicale consigliato: Cypress Hill – Loco en el coco