Dieci anni celo. Dodici celo quadruplo. Quindici celo. Diciotto celo. Ventuno… Eh, ventuno manca! Nella nostra collezione di assaggi spicca il posto vuoto del 21 anni di GlenAllachie e la cosa è grave. La distilleria di Billy Walker, una delle poche indipendenti rimaste, da quando è passata di mano ci sta dando dentro con un core range interessante e profondo, con sperimentazioni interessanti sui legni e la consueta precisione produttiva, figlia sia delle caratteristiche tecniche innovative della distilleria, sia della maestria di Walker & C. Quindi è magno cum gaudio che oggi ci versiamo il primo batch del 21 anni e chiudiamo l’album. Nella fattispecie, questo batch imbottigliato nel 2020 consta (che bella parola) di hogshead e puncheon ex Pedro Ximenez, e l’outturn è di 1600 bottiglie. Il colore è un sensazionale mogano con venature quasi cremisi.

N: se arrivi in Lapponia ti aspetti neve, renne e Babbo Natale. Se annusi un GlenAllachie in PX ti aspetti acidità, frutti rossi e uvetta sotto spirito. E infatti c’è tutto. Un naso perfettamente in sincrono con le aspettative, a partire dalla prima snasata, che ha una parte di aceto di lamponi, due parti di bacche varie (ribes soprattutto) e frutta essiccata tipo uva sultanina e prugne, magari ammollata nel rum. Albicocche secche, anche. E anche un chinotto sensazionale. Caffè etiope e cioccolato fondente. Col tempo la nota acida si stempera, cresce quella vinosa un po’ sticky (datteri), il legno e un accento balsamico, quasi di cipresso e anice stellato. Foglie secche, lasciate davanti a un camino spento. Ma soprattutto erbe. Erbe aromatiche, erbe secche della tisana, rosmarino, menta secca… Davvero sfaccettato. La diluizione lo banalizza un po’.
P: gloriosamente difficile. Come spesso succede con invecchiamenti considerevoli in PX, l’astringenza è una nota di fondo dominante: parliamo di legno (tanto e in crescendo), liquirizia e tabacco Kentucky piccante. La dolcezza è tutta incentrata sul caramello bruciato e sullo zucchero di canna bruciato anche lui. L’acidità resta importante, di nuovo su frutti rossi, prugne secche, bucce di mela lasciate sulla stufa e aceto di sherry. Qualcosa di smalto, anche. Come quando Bombana si mangia le unghie dimenticandosi di essersi appena messo lo smaltino… Molto intenso, legnoso e polveroso. E’ come se qualcuno avesse fatto una tarte tatin non dolce con sopra cacao, cannella in polvere e polvere proprio, di quella che si deposita sulle assi di legno in cantina. Con acqua perde un po’ di compattezza e di lucida e diabolica spietatezza.
F: lungo e acidello, tutto sulle note del cioccolato fondente, del caffè e dell’amarena sottospirito.
Un clamoroso esempio di maturazione in PX in cui le note geneticamente acide del distillato si sposano e si amplificano a quelle dello sherry. Non è un whisky da bere a secchi, e neanche un whisky estivo e facile. Piuttosto è un whisky invernale, affilato, che cambia faccia, che non scende a compromessi, che insomma fa discutere e va goduto mentalmente più che istintivamente. Però ragazzi che pienezza e che cristallina manifestazione di sapori. Non è tra i bicchieri che sceglieremmo per una serata spensierata, ma è impossibile negare che sia un eccellente sherry monster per veri duri: 89/100. Un passetto in meno sulla scala dell’astringenza gli sarebbe valso il 90.
Sottofondo musicale consigliato: Hanni El Khatib – I got a thing