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South Island 21 yo (The New Zealand whisky company, 40%)

Fermi tutti, questo è un ritrovamento epico, tipo Indiana Jones con il Graal o l’Arca. Dietro gli altri samples, in fondo al corridoio dei campioni vuoti, sotto un tappeto di tappini di plastica, c’era questa boccettina. South Island poteva far pensare a qualcosa da Ischia o Pantelleria, ma qui siamo talmente a sud che al confronto Sicilia e Campania sono Groenlandia. Infatti questo è un single malt neozelandese, distillato a Willowbank, che nel frattempo ha chiuso nel 2000 ed è stata rasa al suolo. La New Zealand Whisky Company lo ha inserito nella sua Collection e noi lo assaggiamo. Invecchiato in botti ex Bourbon, è prodotto solo con malto locale. Il colore è un’ambra scura.

N: rovesciare il whisky mentre riempi il Glencairn da un lato fa nominare molte volte il nome di Gesù invano, ma dall’altra aiuta a capirne immediatamente il carattere. Che è fruttato. Molto fruttato, pesche al forno, gomme all’uva, prugne in macedonia con succo di limone. E bordate di barile ex bourbon, che quasi tendono al bourbon proprio: cocco, vaniglia, banana flambè… C’è qualcosa di smalto, una punta di vernice, poi fa capolino un frutto più acidino: maracuja! Cannella, tanta, e forse papaya. Tropical spezia.

P: molto ricco, troppo ricco per i 40%. Sembra che la struttura ceda un po’ sotto il peso delle tantissime cose che ci si trovano: la frutta è ancora poderosa, tropicale e polposa: macedonia esotica e pesche cotte. Altrettanto, anche il legno rimane imponente, con le note di vaniglia e cocco tostato, e una certa quantità di noci pecan avvolte nel toffee. Qui compare anche un legno più spinto, amarognolo: radici di cassia? Il problema è che l’alcol non tiene “su” i sapori, tutto precipita per gravità troppo alla svelta. Fiocchi di peperoncino, cioccolato al peperoncino, caffè zuccherato. Anche erbe amaricanti.

F: medio corto, oleoso e pastoso: cola, tabacco, caramello. Legnetto aromatico e polvere.

Avete presente la sensazione che si ha entrando in una casa stracolma di opere d’arte e suppellettili, dove lo sguardo è rapito dalle tantissime suggestioni curiose ma poi non riesci a muoverti? Ecco. Un whisky stracolmo, con frutta e quercia americana spinte a tutta, ma costrette in un distillato troppo debole in termini di gradazione. Torniamo a dirlo: quando lamentiamo certe gradazioni basse non lo facciamo (solo) perché siamo evidentemente alcolizzati, ma perché l’alcol sostiene le sensazioni, prolunga la loro intensità, equilibra l’influenza del barile e le caratteristiche del distillato. Poi succedono queste cose e noi dobbiamo dare 84/100 a un whisky che poteva serenamente ambire a un giudizio più alto. Anche se magari non il 94/100 che gli ha dato Jim Murray…

Sottofondo musicale consigliato: Mötley Crüe Too fast for love

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