Nasce oggi una nuova rubrica. Ne sentivate la mancanza come del Guttalax dopo la maledizione di Montezuma eh? Eppure ci è venuta voglia di arricchire questo nostro blogghettino con un nuovo spazietto dedicato a whisky dall’interesse commerciale inversamente proporzionale a quello gustativo. Che è una perifrasi ampollosa per dire: whisky che non troverete probabilmente mai in giro ma che noi abbiamo assaggiato. Imbottigliamenti vecchi e limitati, chicchette sbicchierate da amici alle porte di Tannhauser, samples giunti dai bastioni di Orione… bei momenti che se ne sono andati nelle nostre gole come lacrime nella pioggia. E’ tempo di bere e recensire.

Strathmill 1994 (1994/2018, Càrn Mòr, 48.2%)
Uno Strathmill di 23 anni invecchiato nello sherry hogshead #2298. C: rame rossastro. N: marmellata di frutti rossi, pasta frolla, inebriante nota balsamica con more (Ricola ai frutti neri). Spettacolare. Una nota vinosa, fragole alla glassa di aceto tradizionale di Modena. Zabaione, macaron ai lamponi e tabacco. Cioccolato al latte e menta. P: gnè gnè, qualcosa non torna qui. Primo sorso sghembo, bagnoschiuma Pino Silvestre, zenzero, amarognolo. Poi meglio: cioccolato, nocciole, tabacco. Migliora sensibilmente, quasi cremoso (crema all’uovo, panettone). Confetture di frutti di bosco. F: ancora frutti rossi, poco legno, ovomaltina e creme. Media difficile: naso molto buono, finale piacevole, primo palato da matita blu. Facciamo 84/100 con un caveat: che fosse guasto il sample? Ah, saperlo…

Isle of Skye Private Stock n. 45 (1970, Ian MacLeod, 43%)
Blended storico della casa Ian MacLeod. C: oro carico. N: un anziano profumato. Old bottle effect spinto, biblioteca, album di francobolli dimenticato nei cassetti, canfora, qualche fiore (crisantemi, ovvio). Ha note di rancio, ricorda i cognac. Un filo di fumo, burro fuso (quasi rancido), miele e sale. La dolcezza smaltata del grain si sente, in lontananza. P: levigato e ancora profumato. Acqua di fiori d’arancio, miele, frutta gialla in composta (susine, mele). Poi ecco torbina minerale, pietra focaia, legno evidente e pizzico di liquirizia salata. F: lunghetto, albicocche secche, timo affumicato. Limone e una punta (troppo) floreale ancora. Un blended trasfigurato dal tempo, che ha aggiunto bellezza a una base già molto buona. Voto in meno per le digressioni floreali: 88/100.

Glen Keith 17 yo (1996/2013, Chivas brothers, 54.7%)
Il batch GK17001 consta di 800 bottiglie. C: oro zecchino. N: grande bellezza, grande eleganza, fatta di frutta (mele golden, ma anche ananas disidratato) cerosa. Vecchi vestiti, biblioteca, anima nobile e agè. C’è anche del marzapane, del cioccolato al latte, albicocche mature. Qui sherry ci cova. Il legno è ben integrato ma distinguibile, così come un tocco fresco di eucalipto. P: eh, questi sono i whisky che ci fanno impazzire. Setoso, centrato su malto, miele e nocciole: carezzevole, mai svenevole. Anzi, il legno lo tiene bene in carreggiata: zenzero fresco, frutta gialla essiccata (anche il mango), pepe bianco, legno levigato. Le spezie sono poderose, si asciuga senza diventare tannico. Ancora cioccolato stavolta fondente, con un che di caramello salato. C’è una dimensione minerale curiosa, quasi di ciottoli. E nel retrogusto spunta perfino un fumino, come le pietre fumanti della sauna. F: legno, zenzero, cioccolato amaro, barrette ai cereali e frutti rossi. Sali minerali.
Per noi è un 90/100, non uno di meno. Perché ha il portamento regale dei grandi nobili. Dritto come una spada, ti trafigge con grande pulizia. Un whisky austero, quasi più un highlander che uno speysider. Non è innocuo, il legno e l’alcol menano abbastanza, ma il risultato è una goduria. E quel guizzo sapido nel finale, mmm.