Uno dei dilemmi esistenziali per chi abita in città di mare è: se porto un Porto al porto, cosa succede? Eh, sono problemi. Puoi finire a scolarti la bottiglia, avere un picco glicemico e cadere in acqua. Oppure puoi venire rapinato dagli scaricatori durante uno sciopero. Può succedere di tutto, di questi tempi. Per questo, preferiamo evitare i porti quando parliamo di affinamenti in Porto. Portate pazienza, lasciamo i giochi di parole fuori dalla porta e arriviamo al punto, cioè il più famoso Scotch con finish in botti di Porto, il Glenmorangie Quinta Ruban. E se ruban, finiran in galera…
Scherzi a parte, il Quinta Ruban fa parte – insieme al Lasanta in sherry e al Nectar d’or in Sauternes – della triade di affinamenti diversi che negli anni Duemila Glenmorangie ha lanciato sul mercato, di fatto aprendo una moda – quella dei finish in botti ex vino – che fiorisce ancora oggi.
Per una dimenticanza spiegabile solo con l’abuso di sostanze illecite in gioventù, non l’abbiamo ancora recensito. Non abbiamo recensito la prima versione, un NAS, né la seconda, un 12 anni. Ma non ci lasciamo sfuggire la sua terza reincarnazione, in un 14 anni con nuovo packaging. Ringraziamo quel bel manzetto di Ansalone per avercelo portato. Ti porto il Porto? No, basta così dai. Il colore è oro rosa.

N: piacevole, delicato e sexy-fruttato, nel senso che ogni nota sembra attrarci maliziosamente verso il bicchiere. Si apre con gelée di arance rosse e soprattutto frutti rossi in ogni manifestazione: macaron al lampone, fragole con il gelato alla vaniglia, dolcetti alla crema con i lamponi. Poi emergono un bel malto caldo, pastafrolla al burro, toffee e créme brulèe: insomma, è una pasticceria liquida. Che viene completata da una colata di cioccolato, ciliegie e cannella. La parte vinosa sta soprattutto qui, ma è molto discreta e ben integrata.
P: pieno, immediatamente dominato da un cioccolato che fluisce languido ovunque e si allarga al palato. Anche qui ci sono amarene, confettura di fragole, fichi neri, uvetta al rum. Cresce l’impatto delle spezie (pepe di Sichuan) e fa capolino il caffè. Esattamente come all’olfatto, il barile di vino con la sua astringenza arrivano dopo, man mano che il distillato respira. Liquirizia, mandorle, cacao in polvere: in generale c’è un senso terroso di fondo, ci vengono in mente i tartufini di cioccolato.
F: più secco, liquirizia ripiena (alla fragola), vino e legno al cioccolato. Come un Mottarello senza gelato, col cioccolato a ricoprire direttamente il bastoncino.
Non siamo dei grandissimi fan degli invecchiamenti in Port pipe, perché spesso regalano un’astringenza spintissima, che rende la bevuta ardua. Questo però è uno dei pochi casi in cui il finish è ben educato eppure ben evidente. L’aspetto che ci piace di più è che del finish in Porto ha mantenuto solo la “good company”, ovvero le note di frutti rossi e cioccolato, mentre quelle più astringenti rimangono in secondo piano e contribuiscono a dare un finale meno dolce. Per quanto ce lo ricordavamo, il “vecchio” Quinta Ruban NAS era molto piacevole ma un po’ troppo piacione, mentre invece questo – complice l’invecchiamento di tutto rispetto – acquista in spessore e struttura e quindi per noi è un 87/100. Potere al popolo e bei voti ai whisky popolari. Lo trovate anche qui.
Sottofondo musicale consigliato: Freak Antoni – Porto Dio