Svariati mesi fa, in una Milano ancora nelle mani dei turisti arabi che maramaldeggiavano intorno al Duomo, ci siamo trovati in un rispettabile studio notarile di cui non faremo il nome per assaggiare qualcosina di sfizioso. Ah, se quelle scrivanie di cristallo potessero parlare… racconterebbero di tre sventurati provati dalle ferie e dall’affastellarsi delle primavere che passano, stanchi di essere stanchi, ma intenti a cercare dentro un Glencairn il senso dell’agosto meneghino.
Per fortuna le scrivanie non parlano, così ste cazzate ce le risparmiano.
Invece noi non vi risparmiamo una piccola tripletta di Clynelish del 1983, anno che vide i natali di Jacopo e Giacomo, coloro da cui tutto questo discende.
Piccolo spazio didattico. Su Clynelish un aneddoto divertente si trova in “Whisky” di Charles Maclean (Mondadori). La distilleria come già sapete è la sorella minore di Brora, chiusa nel 1983 ma inaugurata nel 1819 con il nome appunto di Clynelish. A costruirla – insieme a un paio di fabbriche – fu il primo duca di Sutherland, che si era messo in testa di distogliere i villici dalle sue terre e dalla distillazione clandestina. Ecco, il risultato, secondo il sovrintendente James Loch, fu che “la distilleria diete origine a ogni tipo di vizio, disonestà e corruzione“. Con una storia così, come fa a non essere una delle nostre preferite?

Clynelish 20 yo (1983/2003, Murray McDavid, 46%)
Imbottigliamento della serie “Mission”, vatting di bourbon casks che ha dato 498 bottiglie. C: vino bianco. N: VM18, questo è un “porn nose”, nel senso che titilla le nostre fantasie più indicibili. E’ un Bignami del Clynelish: limone, impasto di pastafrolla salata, goduria di crema pasticcera, cera come se non ci fosse un domani. C’è poi un’immensità di pasticceria, tra torta Paradiso, lemon curd, biscotti al limone, ananas dei pasticcini… Più hard che soft, ti sbatte tutto in faccia. E poi ti ammalia con il vedo-non-vedo delle note di stireria, con lampi di sporcizia interessanti, come oggetti di metallo impolverati. P: attacca sulla cera, poi però ecco un accenno di violetta che spiazza. Come se nel porno di prima comparisse un tirannosauro: che senso ha? Comunque, il palato si fa molto più austero e polveroso rispetto al naso. La pasticceria ha chiuso, ha aperto una segheria. Limone, pastiglie Leone al limone, nocciolini di limone. Spezie in polvere. Forse non è chiaro, ma ci pare un po’ troppo polveroso e legnosetto. F: secco, legno (anche umido), biblioteca. Bello leccare i plutei di certe biblioteche, ve lo consigliamo! Ah, i plutei, non i glutei, non è un refuso…
Traditi come Ilary Blasi, ci viene voglia di rubare a Murray McDavid tutti i Rolex. Eravamo così su di giri per il naso, che un palato più modesto e soprattutto molto orientato sul barile ci ha trascinati a terra. Intendiamoci, non è un cattivo whisky, tutt’altro. Ma lo iato tra l’olfatto godurioso e intriso del dna di Clynelish e il palato un po’ falegname è ampio. Diciamo un 87/100.

Highland 36 yo (1983/2019, Mancarella, 47.3%)
L’hogshead #50 ha portato in dono 166 bottiglie a questo imbottigliatore tedesco dal cognome evidentemente prussiano. C: vino bianco. N: un po’ timido, ma immediatamente piacevole, di quella piacevolezza discreta che ci sta simpatica. Punte erbacee e mentolate, tipo Ricola, fanno capolino subito. Anche canfora, in crescendo, e una tisana al limone. Ecco, l’onnipresente limone anche qui comanda i giochi: succo di limone, anche cedro, poi pasticceria al limone varia. L’ariosità delicata del macaron al limone e la sostanziale dolcezza della meringa al limone, del pasticcino. Sì, ma oltre il limone? C’è ananas, c’è prugna gialla, c’è anice stellato e c’è un legno elegante che chiude un olfatto fresco, ben oltre i suoi 36 anni. P: rimaniamo sul terreno dell’haute-couture, tutto è molto raffinato. La parte mentolata ed erbacea svanisce e lascia il posto all’anima di C. con cera e olii essenziali. Più che olio, diremmo grasso: ricorda il brodo dei tortellini, con quelle “lenti” di grasso in superficie. Ancora agrumi, stavolta in formato geleé appiccicosa, forse al mandarino. Nel secondo palato tornano le erbe, forse cardamomo. F: mentuccia, gesso, limone, olio di semi. E a sorpresa polvere di caffè.
Uno dei Clynelish più complicati, sorprendenti, cangianti e improbabili che ci siano capitati di recente. E non è che non ne beviamo di Clynelish, eh. Partiamo dalle sorprese: il lato verde/balsamico è molto godibile, “alleggerisce” il malto; e poi anche l’impatto molto levigato e sotterraneo del lungo invecchiamento in legno: sembra più giovane, ma in fondo anche no. Poi, ovviamente, ci sono le certezze, soprattutto al palato, con quella viscosità così tipica che ci manda al manicomio. In mezzo, sprazzi di clynelishitudine lasciati qui e là come firme nascoste dell’artista. Non meno di 90/100.

Secret Highland 35 yo (1983/2019, Liquid Art & Whisky Nerds, 48.2%)
Il butt #82 (246 bottiglie) è un joint bottling targato Belgio. Ah, l’etichetta è ai limiti della petizione al Moige per ritirarla. C: oro carico. N: il più sporco e più dolce dei tre. Qui potremmo giocarci una ciocca di barba brizzolata di Ansalone che la botte contenesse in precedenza Oloroso. Si apre su note vinose ben amalgamate con miele grezzo. Poi ecco emergere della tarte tatin, con il bordo bruciacchiato tra l’altro. La frutta è più scura, arancia caramellata magari. Infine, ecco sguinzagliate le note più impervie, ma anche più ammalianti: metallo arrugginito, rame ossidato, ma anche una dimensione umami, di pollo. Infine, un’epifania: la polvere di cacao sui tartufini… P: ora, lungi da noi darvi l’impressione di essere dei vecchi porci (non siamo vecchi), ma qui si unisce sensualità e sozzura, c’è una setosità sporca che ci accoglie al primo sorso. Lingerie di seta sporca? Ma di vino, ovviamente. La piantiamo con questa vomitevole sciarada di doppi sensi, e diciamo arancia rossa, pesca, mandarino, il tutto impastato con una distinta sensazione lattosa. Panna cotta alla ruggine? Molto autunnale, foglie umide, foglie di té, toffee. Ancora la tarte tatin, la crostata di caramello e noci pecan. Alla dolcezza di un Oloroso non troppo austero si somma una speziatura importante, di cannella e noce moscata. F: molto lungo, con cioccolato al latte, banana e pesca.
Un Clynelish-non-Clynelish che inevitabilmente divide. I puristi, quelli che Clynelish lo sentono sempre un po’ tradito se l’invecchiamento nasconde le caratteristiche del distillato, lo hanno trovato un po’ troppo spinto sulla dolcezza, anche se incredibilmente complesso e soprattutto miracolosamente bilanciato. I più aperti di mente, invece, gridano al capolavoro per le carezza goduriosa che assicura. Traslato nella nostra piccola giuria, Corrado è entusiasta, Jacopo e Zuc meno, e dunque alla fine 90/100 e passa la paura.
Sottofondo musicale consigliato: The Clash – Three card trick