La cosa bella di conoscere Ansalone – oltre ad avere sempre sotto mano un campionario infinito di possibili “devianze”, per usare un termine caro alla Meloni – è che ogni tanto arrivano delle chicche direttamente da quella terra di birra, salsicce e industria pesante che è la Germania. L’ultima che ci ha spacciato, con quell’espressione a metà fra lo spacciatore di crack e il Teletubby, è un imbottigliamento che Randy, cancelliere del negozio Tara Spirits di Monaco, ha fatto con Gordon & MacPhail: un Longmorn che ha passato 27 anni nel refill american hogshead numero 50085. Outturn di 168 bottiglie e un bell’oro chiaro nel bicchiere.
N: la prima snasata è un sollievo e una gioia. Sollievo perché sembra sventato il pericolo di una bomba teutonica di legname. Gioia perché siamo accolti da un corteo di frutta: nell’ordine, ci sono mela, prugna aromatica (quasi floreale, ma più che lavanda diremmo fiorellini di campo), sugo d’uva, marmellata rappresa di fragole. C’è un preciso disegno, come dicono i complottisti, e cioè la frutta più esuberante del primo naso si fa pian piano più processata, evoluta e complessa. Col tempo spuntano persino dei frutti di bosco (ribes nero, uvetta e i mirtilli dei muffin!). Oltre alla frutta, c’è una nota di chiuso, come di cassetto di legno dimenticato per anni, e un tocco di cuoio. Ah, anche un accenno di rancio. Interessante come il tempo abbia lavorato così a fondo da regalare note che possono far pensare a uno sherry.
P: eh, qui invece è il Carnevale del legno, dove tutto si veste di rovere e mobilio. Però c’è da dire che la legnosità non soffoca il resto, vive e lascia vivere il palato. C’è bisogno di tempo per superare le spezie (chiodi di garofano, cannella) e il tabacco, ma poi si apre. E finalmente si capisce senza dubbi che è American oak, con zucchero vanigliato e zucchero di canna, mela rossa, cocco essiccato. Qualcosa di cacao e datteri. Dimenticavamo una cosa, fondamentale: il malto. Eh, il malto è eccellente, caspita, pieno e caldo, torta di mele o di pere.
F: speziato, con pepe, cedro e legno caldo. Ancora cacao.
Legnoso è legnoso, ma è anche tanto, tanto buono. Un whisky che per l’invecchiamento venerando ha bisogno di un bel po’ di tempo per aprirsi e comunicare tutto quel che ha da dire. Non un appuntamento dove si va subito al sodo, insomma, occorre conoscersi. Non è comune trovare dei Longmorn così vecchi, ma come accade anche ad altre distillerie dello Speyside e dintorni, quando si passano i vent’anni si entra nel bengodi della frutta. Solo la mancanza di un gradino ulteriore di complessità in più ci impedisce di sforare la soglia psicologica della goduria assoluta: 89/100.
Sottofondo musicale consigliato: Editors – Munich
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