La più occidentale e remota distilleria di Scozia se ne sta sulle rive della Uig bay, sulla costa ovest dell’isola di Lewis, arcipelago delle Ebridi esterne. Praticamente un posto in culo ai lupi. O alle foche, per essere etologicamente coerenti. Si chiama Abhainn Dearg e l’ha fondata nel 2008 Marko Tayburn sulle rive del Fiume Rosso (Abhainn Dearg, appunto, per la pronuncia date un occhio qui, dove un benemerito ha fatto uno studio comparato), teatro di qualche carneficina in epoca medievale che tinse di sangue le sue acque. A distanza di secoli, si spera che il materiale ematico sia stato smaltito, perché l’acqua del torrente viene utilizzata per produrre single malt.
Ci è già capitato di assaggiare qualcosa di questa distilleria, ma era poco più che new make. Oggi, altrettanto per caso, i nostri destini si incrociano di nuovo. A Castelfranco Veneto, durante l’ultimo Whisky Revolution free dram festival, avevamo raccolto un generoso campione di un’espressione a grado pieno in Madeira. Non ricordiamo minimamente chi lo avesse portato, né perché, quindi non sappiamo chi ringraziare di preciso e per non sbagliare ringraziamo tutti, voi lettori compresi.

N: goduria immediata, con una ricchezza di sensazioni molto “maròn”, come canta Paolo Conte. Tabacco da pipa, uvetta, fichi secchi cicciosi e magari anche ripieni. Poi una valanga di noci, sia fresche sia sottoforma di nocino. Il tutto prelude a un senso di botte umida, anzi quasi intrisa, e a un’oleosità davvero spinta. Senza dimenticare la torba, che c’è ed è anch’essa “unta”. Dà proprio la sensazione viscosa del grasso del motore che resta sulle mani e non va via. Insomma, il mix di olii vari, bucce di frutta (anche agrumi) e noci varie tostate regala un naso assai profondo. Arricchito tra l’altro da una dimensione dolce e “colante”, come toffee e cioccolato fuso ai lamponi. Si aggiunge poi un lato balsamico, tra il Balsamo Tigre e le erbe medicamentose decotte che si usano per gli impacchi. Strano, eh, ma “Tantarobba”.
P: caldo e intensissimo, ma non impossibile da apprezzare, nonostante la gradazione. La dolcezza è in crescita (ancora fichi secchi, caramello, cioccolato e liquore all’arancia), ma soprattutto si impenna la torba. Che si evolve intorno al carbone, le braci e le caldarroste. Nella sua furia di sapori, qualcosa scappa di mano ed esonda: il legno diventa quasi sughero bruciato e compaiono anche degli esteri sparati che ricordano un rum (smalto e ananas andato a male). Con acqua si riconferma la suggestione della noce e del nocino che avevamo colto al naso: si fa più astringente, e la torba più docile.
F: infine arrivò il Madeira, col suo tocco di vinosità un po’ appiccicosa. Salsa barbecue! Con acqua, resta sulla lingua la sensazione aromatica e un po’ astringente del tabacco da pipa.
Molto espressionista, è quanto di più lontano possa esserci dal classico e dal sobrio. Un whisky carico da tanti punti di vista, sia per l’influsso del barile sia per quello della torba. Eppure il risultato è succulento, dà grande soddisfazione. Non spicca per grazia, ma non pensatelo privo di equilibrio, o di complessità. Il fatto è che ha un equilibrio chiassoso. Non è esattamente la nostra tazza di té (pardon, di Scotch), ma ci piace ben più di quanto potessimo immaginare: 86/100. Per vostra conoscenza, sul sito della distilleria si può acquistare la bottiglia da 50 cl a modiche 95 sterline. Sono disponibili anche le versioni in Sauternes, vino rosso della Rioja e PX.
Sottofondo musicale consigliato: Talking Heads – Road to nowhere
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