Ah, se le bottiglie potessero parlare, quante storie potrebbero raccontare. Avventure di collezionisti, epopee di eroi del whisky, aneddoti di amicizie nate e infrante. Ma potrebbero anche narrare spaccati di vero disagio ed episodi di pura miseria umana. Per esempio questo mignon di Bowmore 12 anni “dumpy bottle” potrebbe raccontarci per filo e per segno quel giorno ormai lontano in cui uno di noi – per la privacy ci limiteremo alle iniziali G.B. – lo acquistò per un euro al mercato di piazzale Cuoco, nella bancarella accanto a quella in cui si aggiudicò per 5 euro un montone clamorosamente fuori moda sottratto a un clochard. Ma, ahinoi, le bottiglie non possono parlare e dunque non ci racconteranno altro.

Tornando al whisky, si tratta di un rilascio base degli anni ’80 importato in Italia da Soffiantino. Etichetta dorata, bottiglia appunto “tozza” e la dicitura “campione gratuito” stampata sul retro. Guardando qui e là sull’Internetto cercando di datarlo in maniera più precisa, ci siamo imbattuti in giudizi agli antipodi, segno del fatto che i batches erano molto difformi o che spesso la tenuta nel tempo non è stata impeccabile. Vediamo cosa ci hanno riservato la sorte e gli ambulanti dell’affascinante popolo Rom di piazzale Cuoco. Il colore è un oro scuro.

N: due cose ci colpiscono subito: da un lato la frutta, impastata e processata, sotto forma di melone, mango maturo e arancia succosa quasi andata. Qualcuno mormora uno slogan destinato a farsi massima immortale: “freschezza nella pesantezza”. Accanto alla frutta, ecco una dimensione splendidamente sporca: cantina umida, ma anche pentola di rame unta lasciata sui fornelli. Il che ci porta a parlare della torba, che è appena accennata e si esprime più che altro in un’affumicatura gentile di wurstel e cordame (che non è un piatto tedesco del Nord). Ad ogni modo, qui sherry ci cova. Riemerge la frutta, con un tocco floreale da Bowmore e con ancora una torbatura extra delicata. Guizzano sensazioni incoerenti: acciughe sotto sale, noci, Tokaij o qualcosa di simile, tra l’ossidato e l’ammuffito. Un croccante di mandorla con miele millefiori si prende la scena. Impossibile da mettere a fuoco.
P: sfortunatamente l’ingresso è un po’ piatto e seduto. Il palato si apre su una nota di stoffa umida e affumicata che pian piano diventa torba più spessa e grassa, proprio catrame. Una nota salina di frutta secca salata (pistacchi?) marca l’oleosità generale, davvero accentuata. La frutta succosa qui è meno carica (un accenno di tropicale, molta buccia d’arancia amara); rimane il grasso, l’olio e la salinità dell’oliva. Pian piano vira un po’ ad amaro, tra erbe e una nota un filo sgradevole di sapone. Foglie di té!
F: lungo, frutta secca oleosa e tostata, olio di lino, salatino. Avvolgente ma di nuovo amarognolo.
Un naso veramente d’altri tempi, con una complessità eccellente fra la dimensione fruttata “matura” e una nota di sporcizia intrigante che di solito non colleghiamo mai a Bowmore. Al palato il livello si abbassa, con un ingresso un po’ troppo piatto, una carica aromatica inferiore e soprattutto una nota saponosa che guasta un po’ tutto. Occorre dire che – nonostante il campione fosse perfettamente ed ermeticamente chiuso – nessuno può mettere la mano sul fuoco per quanto riguarda gli effetti di quasi 40 anni in un bottiglino da 5 cl con tappo a vite. Come accennavamo, anche in Rete abbiamo trovato entusiasti e detrattori, il che significa che non siamo del tutto schizofrenici. O meglio, lo siamo come tutti gli altri. Voto quanto mai difficile, si può andare dagli 88 agli 82, mediamo con un 85/100 ma non ci assumiamo la responsabilità. Sappiate solo che se volete picchiarci, dovete prendervela anche con Angus. E Angus è molto più grosso di noi (ma noi siamo di più)…
Sottofondo musicale consigliato: Travis – The Humpty Dumpty love song
One thought on “Bowmore 12 yo ‘Dumpy bottle’ (anni ’80, OB, 43%)”
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