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Balvenie 19 yo ‘A revelation of cask and character’ (2023, OB, 47.5%)

Noi l’abbiamo sempre detto che eravamo in missione per conto di Dio come i Blues Brothers. Solo che invece della musica abbiamo scelto di rendere grazie all’Altissimo con il whisky. Ed è per questo, con il cuore carico di messianica gioia, che siamo così ben disposti nei confronti di questa release che si chiama “rivelazione del barile e del carattere”, un po’ come un volantino degli Avventisti del Settimo giorno. Il rilascio è il nono della serie “Balvenie stories” e “racconta l’expertise, l’intuito e l’abilità artigianale dei maestri bottai”. Tutto bellissimo, tutto come insegnerebbero ai corsi di marketing dello Iulm. Per fortuna però siamo in Scozia e dunque ci aspettiamo un distillato migliore delle note partorite dal gruppo William Grant & Sons proprietario della distilleria e delle sue sorelle Glenfiddich e Kininvie. Il colore è una bell’ambra, data dalla maturazione in botti di rovere europeo che avevano contenuto sherry Oloroso.

N: si apre con un’immagine precisa: il cestino della frutta secca sulla tavola a Natale, con il nonno che schiaccia le noci con potenza sovraumana in un’esplosione di briciole. A seguire, l’olfatto entra nei territori del rosso: ciliegie sotto spirito, maraschino, Boeri. Ma anche una frutta decisa, fatta di pesche al vino, lamponi e prugne. La vinosità è importante, anche se sarebbe più corretto parlare di “liquorosità”, peraltro screziata da puntine di etere e solvente. La parte agrumata esiste, ma non è esageratamente acuminata: arance rosse, arance caramellate, papaya extra matura. Chiudono il naso un aroma di violetta e cioccolato al latte.

P: e se a rivelarsi fosse un qualche demonio, invece del Padreterno? L’attacco è divisivo e non accogliente: acido, legnoso, questo sì molto acuminato. Il palato viene “legato”, il whisky allappa come i cachi. Astringenza, buccia di pompelmo rosa. L’arancia c’è, ma non è succosa, è più sulle note dell’orange bitter, dell’Angostura. Chiudono mandorle amare e semi di ciliegia. Un palato decisamente meno accondiscendente dell’olfatto, asciutto e secco.

F: legnosetto, con zenzero, pepe, cannella e liquirizia.

Pentitevi tutti, soprattutto i master distiller di Balvenie che con questo imbottigliamento hanno perso l’opportunità di guadagnarsi il paradiso. Non finiranno all’inferno, perché comunque il naso è ottimo, ma il palato qualche giro di purgatorio se lo merita. Il problema è che manca totalmente l’aspetto di piacevolezza: è un whisky più estremo del previsto, in cui il legno e lo sherry nella sua versione più citrica non regalano coccole ma chiodi da fachiro. Che va bene, temprano lo spirito, ma già la vita è abbastanza pungente di suo. Diamo un 83/100 con una punta di mestizia. Ah, in rete è pieno di giudizi entusiastici, che non ci permettiamo di contestare. Il mondo è bello perché vario: c’è chi crede nell’aldilà e chi resta nell’aldiquà, c’è chi ama questo whisky e chi no.

Sottofondo musicale consigliato: Team ghost – Sparkles

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