Già che ci siamo, dopo lo Yamazaki 10 anni recensiamo un 12 anni. Ma non un “semplice” 12 anni attuale. Troppo facile. No, questo è uno Yamazaki del 1992, distillato in piena Tangentopoli, forse mentre la Danimarca vinceva gli Europei e Bombana veniva promosso in quinta elementare. Chi lo sa. Fatto sta che a noi lo ha gentilmente portato Diego Lanza della casa d’aste Bonham’s, che ormai quasi due anni fa fu l’invitato a sorpresa di un Tasting Facile, ci svelò i segreti delle bottiglie più preziose e ci versò del nettare nipponico. Un bel gesto, era da Bartali che passava la borraccia a Coppi che non ne vedevamo uno così. E in quella borraccia manco c’era whisky! Il colore è ambrato.

N: OBE(Wan Kenobi) ha usato la forza. Il tempo ha lasciato l’impronta su questo whisky, e il risultato è un velo come di biblioteca impolverata e ammuffita che tutto copre. La frutta è processata e ricorda uno sherry succoso: mandarini, arance, succo di pesca. Mela Fuji con cannella, e un accenno floreale. Ci sono poi suggestioni non tutte identificabili e logiche: ci sono noce moscata e cioccolato al latte che sono “figli” del barile di sherry, poi ci sono guizzi più strani, tipo olio d’oliva un po’ irrancidito e ingranaggi. Col tempo si fa più profumato, fruttato e floreale: Calvados!
P: non esplosivo, ma nessuno in fondo chiede a un single malt giapponese a grado ridotto di esserlo. Delicatamente deciso, per usare un’espressione un po’ da Marzullo. Ancora mele (ma più bucce che polpa), poi cresce nettamente la dimensione del barile: liquirizia, nocciola tostata e nocino. Ecco, il lato tostato è importante, quasi ricorda il caffè. E importante è anche il lato vinoso, quasi di grappa barricata, con tanta vaniglia. Un sacco di té al gelsomino iper-infuso. Il corpo è esile, un filo di fumo persiste e fa da contraltare a un senso tropicale (papaya?). Cioccolato fondente. In generale è molto meno morbido rispetto al naso, con anche un guizzo sulfureo.
F: spezie del legno, tabacco, anice stellato. Secco e quasi amarognolo, con cardamomo e semi di senape.
Un’esperienza strana, in cui niente è come sembra e nulla è pronosticabile. Mescola mille suggestioni in mirabile equilibrio, ma manca di un centro chiaro. Il finale secco e quasi speziato non collima con il naso, che a sua volta non combacia con un palato più sherroso e scuro. Un whisky inattuale, non godereccio ma interessante. Ci aspettavamo altro, ma non ci lamentiamo: 85/100.
Sottofondo musicale consigliato: The Black Angels – Better off alone