Con un ritardo abominevole che grida vendetta, affrontiamo il primo single cask imbottigliato da Glenallachie per l’Europa. Lo hanno rilasciato 5 anni fa e nel frattempo sono arrivati al batch #5, ma noi come sapete siamo gente che viaggia sui tempi lunghi della storia, le cose ready-made non fanno per noi, e anche se fra di noi c’è un giornalista di un quotidiano che dovrebbe essere sempre sul pezzo, preferiamo comunque ragionare in termini di ere geologiche. Siamo fatti così, la formazione umanistica fa questi scherzi.
Transeat (appunto). Il whisky in questione ha riposato 9 anni nel Port pipe n.569, che ha dato 889 bottiglie. Il colore è ambrato.

N: il vino è senza dubbio il protagonista, con la sua natura gender-fluid fra il dolce e il secco. Che significa composta di frutta (prugne, mele rosse, fragole), succo ACE, ma anche una parte più affilata e acidina. Mele candite, cristalli di zucchero alla fragola, Caipiroska. Ma anche pasticche al mentolo, Ricola, legnetti di liquirizia e piante di mirto. Tutto – va detto – è però come attutito, arriva come attraverso un cuscino. Anche orsetti Haribo. Frutti rossi. L’acqua va aggiunta: aumenta la dimensione fruttata (che prende anche una china profumata, quasi di inchiostro alla fragola, ricordate?), ma anche quella fresca.
P: più Porto di così si muore. Ha tutti i crismi degli invecchiamenti di questo genere, parte con le gommose alla fragola e al lampone, procede velocemente verso la parte vinosa e zuccherina e in un batter d’occhio sei lì a stringere le labbra per l’astringenza tannica. Qui e là durante il rapidissimo percorso si possono beccare al volo pesche sciroppate, alcol bello sostenuto, peperoncino, zenzero, radice di cassia, ginepro… Però come dicevamo tutto accade in un baleno. L’acqua anche qui non fa male, rende più stabile il carattere fruttato e dolce ed equilibra meglio i tannini.
F: emerge il carattere di Glenallachie, sottoforma di cioccolato un po’ acidino, bucce di prugne e vinaccioli. Meno dolcione del previsto, abbastanza lungo.
Praticamente il Phelps dei whisky, in acqua fa miracoli. A parte le miserabili metafore sportive, è un whisky difficile, sia perché giovane e per sua natura sgarbato, sia perché il porto non è fra gli invecchiamenti più docili. Con acqua si risolve come un cristiano alla fine di un percorso di psicanalisi, e trova il suo equilibrio. Senza acqua è 84/100, con acqua anche 87/100, quindi diciamo 86/100. Vota DC, sempre.
Sottofondo musicale consigliato: Ana Moura – Desfado