
Miltonduff è da sempre una delle distillerie che produce il malto-base per un marchio tra i più conosciuti al mondo, Ballantine’s. Negli anni ’60 le magnifiche sorti e progressive dell’industria del whisky facevano illudere gli imprenditori che ogni investimento, ogni ampliamento di produzione, ogni raddoppiamento d’alambicco sarebbe stato ampiamente ripagato da un mercato in solida e inscalfibile espansione. Anche gli amici di Hiram Walker, all’epoca proprietari di Ballantine’s, la pensavano così: e dunque decisero nel 1961 di piazzare qualche alambicco Lomond a Miltonduff, per avere più ciccia da buttare nel blend – prassi comune, se pensiamo che HW piazzò alambicchi simili anche a Scapa, Inverleven e Glenburgie. Ma cos’è un Lomond Still? Innanzitutto prende il nome proprio dalla versione costruita a Inverleven, il cui single malt prodotto era appunto chiamato Lomond – si tratta, sostanzialmente, di un ibrido tra un pot still ‘normale’ ed un coffey still (alambicco a colonna), con una serie di piatti inseriti nel collo dell’alambicco che permettono al distillatore di regolare il reflusso, e dunque il carattere finale del distillato; al contempo, è regolabile anche l’inclinazione del lyne arm, il ‘becco’ dell’alambicco, anche qui con ovvie conseguenze su quel che poi ti trovi nel bicchiere. Volete un esempio conosciuto di Lomond Still, anzi, a ben vedere, il suo primo esemplare? Ugly Betty, l’alambicco in cui si fa il Botanist Gin a Bruichladdich. Mosstowie, invece, è il nome del single malt prodotto dal Lomond still di Miltonduff, prodotto solo tra il 1964 e il 1981: negli anni Ottanta l’italianissimo imbottigliatore Sestante mise le mani su diverse barili di Mosstowie e ne fece diverse release, per la gioia anche nostra che adesso ci assaggiamo un 17 anni a 66%.
N: ci incuriosiva molto la gradazione monstre, di cui però non troviamo traccia. Probabile che la bottiglia abbia perso qualcosa, anche se ci sembra un whisky perfettamente integro, pieno, magari appena appena pungente. Succoso, tagliente, ma nonostante questo trattenuto, e impreziosito da una nota leggermente sulfurea davvero sui generis. Fin qui, le parole: se vogliamo parlare di oggetti, diciamo che si sente una grande arancia, poi frutta rossa intensa e succosa (uvetta e fragole), un filo di carruba, una nota di tamarindo.
P: anche qui i 66% se ne sono andati da un pezzo, forse da decenni addirittura: è però successa una cosa che forse ci capita per la prima volta… Rispetto alle recensioni non proprio entusiastiche che si trovano qui, oppure qui, tutte concentrate sulla dubbia piacevolezza del palato, probabilmente qui la riduzione alcolica naturale, portata dall’ossidazione, ha ingentilito e smussato, formando un profilo sherried niente male. Non a caso Serge consigliava di diluire la violenza alcolica… E comunque: frutta rossa, di nuovo, uvetta, miele (di quelli un po’ amari) e caramello, ancora carruba e tamarindo. In Valdaosta esistono biscotti di farina di noci coi frutti rossi, che i più accorti non esiterebbero a paragonare a questo Mosstowie. Il tutto, percorso da una nota sulfurea e un po’ ferrosa.
F: aumenta questa dimensione sulfurea, che – possiamo solo ipotizzare – a 66% poteva risultare sgradevole, e qui si limita ad essere un’ulteriore nota di colore in una tavolozza ben assortita.
Questo whisky ha una fama controversa, prende basse valutazioni sia su whiskybase che su whiskyfun – a noi sembra invece molto piacevole, anche se certamente un po’ ‘strano’ e inusuale, probabilmente avvantaggiato da una gradazione forse calata con il tempo. Rimaniamo col dubbio, ma nel dubbio non possiamo che assegnare un convinto 86/100.
Sottofondo musicale consigliato: Yussef Kamaal – Strings of Light.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=bYUR38Yo8aw]
One thought on “Mosstowie 17 yo (anni ’80, Sestante, 66%)”
[…] Mosstowie 17 yo (anni ’80, Sestante, 66%) – 86/100 […]