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Questione di Teeling

Così come il denaro aiuta a fare ancor più denaro, assaggiare whisky ti porta a provarne sempre di più, di nuovi, di inaspettati. E dunque può succedere che ti ritrovi con gli amici per un tasting di 4 dram e a fine serata ne hai bevuti una quindicina. Sono cose che succedono, la moltiplicazione dei whisky è un miracolo che non viene raccontato dagli evangelisti ma è molto comune.
Dunque, la settimana scorsa siamo stati tutti ospiti del Monkey Whisky Club, un’oscura e potentissima accolita di appassionati di malti con intricate entrature a tutti i livelli dei poteri occulti, per un grande pomeriggio a base di torte di compleanno, whisky a garganella e salame a fette spesse. Tre ingredienti a cui oggettivamente non si poteva dire di no. Siccome 4 whisky non sono come le dieci ragazze di Lucio Battisti e non potevan bastare, a un certo punto sono saltate fuori delle pizze di Spontini e tre Teeling nuovi di zecca che chiedevano urgentemente una recensione. Potevamo forse ritrarci? Non potevamo. Potevamo forse non annotare sul taccuino le nostre inutili tasting notes? Non potevamo. Potevamo forse non condividerle qui con voi? No, non potevamo. E dunque beccatevi questi tre Irish monkey whisky.

Teeling ‘Explorer series’ Japanese edition 15 yo (2023, OB, 46%)
Espressione per il travel retail invecchiata in botti ex bourbon ed affinata in botti di shochu, il distillato più tradizionale del Giappone. In questo caso, si tratta di mugi shochu, cioè distillato a partire dall’orzo. Ah, dimenticavamo: è un Irish blended whiskey. C: vino bianco chiaro. N: subito molto identitario, gli aromi caratteristici del sakè emergono chiari: banana verde, mineralità, tantissimi litchees. La freschezza è totale, il distillato è sugli scudi. Se ci fosse il ghiacciolo alla vaniglia, saprebbe di questo whiskey. C’è una bella aria di agrume (pompelmo), caramella fondente alla banana, zucchero cristallizzato. Anche una dimensione più erbacea che ricorda le chewing gum Brooklyn alla clorofilla. In questo quadro emerge anche un tocco di legno verde, di corteccia e resina. P: anche qui, coerente. Si apre con una dolcezza vegetale, di mandorla e menta. Cioccolato bianco, con una punta di burro lievemente rancidino, in maniera piacevole, a donare un po’ di acidità. C’è poi un lato più puramente aromatico, quasi floreale, che a volte ricorda la grappa di rose, altre il distillato di prugna. La fermentazione, l’ossidazione, fanno capolino. Quasi vino Marsala. Ma con dentro gli orsetti gommosi al limone e ancora vaniglia. Curioso. F: media lunghezza, ancora banana e zucchero, un inno al cereale fermentato.
Un whisky unico, per nulla semplice, ma molto preciso. Il finish particolare è pienamente rispettato, con tutta una teoria di profumi e aromi dati dalla botte. Lo shochu è ben presente, il risultato non sarà l’apice della complessità ma è piacevole, per un whisky molto estivo, croccante e fru fru. Un 83/100 che ci sta alla grande.

Teeling single grain Sauvignon blanc 15 yo (2023, OB, 50%)
Dallo shochu si passa al finish in barili di Sauvignon blanc di Bordeaux, dal blended si passa al single grain. La versione precedente del single grain era in vino rosso, quindi ce lo aspettiamo diversissimo. La gradazione cresce un po’, vediamo com’è. C: aranciato chiaro. N: via subito con marmellata di albicocca, banana e melone per far capire che la frutta qui è sovrana assoluta. Qualcosa di aceto di mele, a sottolineare un’anima acidula che diventa pompelmo rosa. Caponata di verdure, quasi, sempre per rimanere nell’acetico. E con un guizzo di paprika. La parte ceralosa prende la via dei canestrelli, pastafrolla e zucchero a velo insomma. Ananas candito, polline e un guizzo di talco. Una voce si leva dalla platea per dire “si sente tanto la bananina”. E noi ossequiosamente riportiamo la sensazione. P: meno entusiasmante rispetto all’olfatto, perché si apre molto dolce e piuttosto piatto. La parte zuccherina è robusta, forse troppo, e schiaccia le altre sensazioni. D’altronde è un single grain, il carattere è necessariamente meno potente rispetto a whisky con malto d’orzo. Di nuovo marmellata di frutta gialla, un accenno di uva bianca da tavola, miele. F: breve, zuccherino, non indimenticabile e lievemente più secco in coda.
Il naso lascia presagire paradisi artificiali di frutta divina, invece al palato si dimostra molto terrestre. La realtà del single grain – con la sua monodimensionalità che necessita di lunghi invecchiamenti per ottenere profondità – esige il suo tributo. E il finish in Sauvignon, che pure porta qualche nota di frutta gialla, non è sufficiente a regalare un profilo ricco. Rimaniamo sugli 82/100 anche se ad altri è piaciuto di più.


Teeling ‘Wonders of wood’ Portuguese oak (2022, OB, 50%)
Dopo la prima edizione in Chinkapin oak, ecco quella invecchiata in botti vergini di rovere portoghese. Trattasi di single pot still, cioè lo stile più tipicamente irlandese, in cui si distilla anche orzo non maltato. C: ambrato con riflessi rame. N: ah, le oscure sensazioni che può dare la quercia europea… Si apre con un accenno sulfureo distinto, con tutta una sua bella teoria di note umami, che ricordano perfino la salsa di soia e il ramen. Non va immaginato però come un mostro alla Mortlach. E’ piuttosto un ingresso curioso, di zuppa di pane, ecco. Un ingresso che fa da anticamera a un naso più compiutamente da finish in vino rosso: noccioli di prugna, marmellata di prugna, cannella, chiodi di garofano. Anche parecchio caramello, con dei guizzi di noci. Qualche punta tannica, anche. Un’umidità costante che non dà mai fastidio. Screziature di gomma, qui e là: qualcuno ricorda gli Exogini??? Ecco, al naso sa quasi di Exogini. P: il caramello prende il potere con un putsch e non lo molla più. Attorno, si alternano le spezie (di nuovo cannella, ora anche dello zenzero) e il legno, davvero imperante ai limiti della sregolatezza. La parte dolce e la parte piccante si bilanciano, non senza qualche maleducata esagerazione, che però in un whisky del genere, fatto per marcare l’intensità della botte, è fisiologico. La porzione di orzo non maltato presente nel single pot still irlandese porta con sé una sensazione quasi eupeptica, di rabarbaro e pepe. F: non lunghissimo, una tarte tatin di pere con chiodi di garofano e pepe. Uvetta.
Un Irish moderno e sperimentale, che come logico non fa dell’elegante discrezione il suo punto di forza. Sensazioni possenti di botte, legno che suona il metal rock, una dolcezza e una piccantezza che giocano la loro personale guerra dei mondi. Non rilassante, ma non noioso. 82/100.

Sottofondo musicale consigliato: Riccardo Cocciante e Mina – Questione di feeling

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