Secondo tempo del kolossal con Chorlton grande protagonista e il nostro imprescindibile Corrado a fare da regista. Dopo i primi petardi introduttivi, si passa ai torbati, che chiudono la bella serata – si spera prima di una lunga serie – organizzata dal neonato gruppo Facebook di fan del mitico David, imbottigliatore di Manchester con una passione per gli illustratori medievali, i barili buoni e, come abbiamo scoperto ieri dal poster alle sue spalle durante la degu online, anche dei Penguin books.

Orkney 15 yo (2005/2020, Chorlton, 57,1%)
Restiamo isolati sulle isole, ma saliamo alle Orcadi per un whisky da una distilleria con tanto di parco. Hogshead, 121 bottiglie e in etichetta tre bifolchi intenti a pescare cruditè di pesce con un retino in un ruscello. Per fortuna arriva David a spiegarci che sono rane, che in effetti pesci con le zampe non se ne vedono dal Pleistocene. N: mouuuuu! Che non è il verso della mucca, ma il profumo di caramello che ci accoglie, caldo e sulla tarte tatin. La dimensione dolce è l’ingresso, ma come in un arazzo si intreccia con le note più eterodosse del distillato e della botte, che si fanno subito preponderanti. Un naso che è tutta un’alternanza: alla mou segue una nota muuu, ovvero farmy: crosta di formaggio puzzolente, stoppino e soprattutto letame. Davvero, sembra di entrare in una stalla umida! Poi è la volta di prugne cotte nel loro sciroppo e fragole in confettura. Improvvisa ecco la torba, appena accennata e un filo sulfurea e un po’ metallica, come polvere da sparo. Infine il ripieno dello strudel, ma spolverato di sale. P: la torba peculiare delle Orcadi si prende la scena, piuttosto sporchina: catrame, formaggio di fossa, caldarroste come se piovesse e caramello, stavolta bruciato. Per il resto, siamo ancora nel campo della dolcezza appiccicosa: marmellata di arance in cottura, liquirizia medicinale ripiena alla fragola. Un pizzico di sale e un tratto floreale che sembra erica, ma forse è più grappa di rose. E non siamo sicuri sia un plus. F: migliora. Lungo, fondi di caffè tostato, torba organica (ancora formaggio) e cenere spenta. Bacca di vaniglia e sale incrostato.
Alti e bassi sensoriali. Non nel senso di picchi di estasi e guasti, sia chiaro, ma di rimbalzi da una parte all’altra del flipper palatale. La sensazione è che la dolcezza smaccata del barile non sempre agisca in sincrono con il distillato peculiare, farmy e grasso. Il risultato è un whisky poco da pescatore ma molto da contadino (copyright Mauro Risso), che trova una soluzione solo nel finale. Il più maleducato di tutti, cazzuto, sfacciato, divertente ma divisivo. Non piace a tutti, e crediamo che dalle note di degustazione si capisca il perché: il voto, come in democrazia, non rappresenta bene nessuna delle due opinioni. 86/100.

Lochindaal 12 yo (2007/2020, Chorlton, 61,9%)
Bourbon barrel da 241 bottiglie per un Bruichladdich torbato (poco più di Port Charlotte e qualcosa meno di Octomore) che porta in etichetta il sosia del Mago Otelma che raccoglie limoni e li mostra lubrico a una sventurata che vorrebbe solo scappare lontano. N: meravigliosamente intenso, inebriante ed elegante. Porchetta alle erbe sarebbe la nostra immagine, e la nostra droga, se non avessimo appena detto che il whisky è elegante: unisce il senso di carne affumicata e le erbe bruciate (che sono tante, dall’origano alla maggiorana, comunque clamorosamente aromatico. Fiori di salvia). Anche buccia di mandarino, nettissima. In generale, si sente benissimo il marchio di fabbrica di Bruichladdich, ovvero quell’orzo che non tradisce mai. Anche il mare è ben presente. Qualcuno dice “peschereccio eco-friendly”, forse perché ci sono le alghe e il fumo che esce dal motore, ma non quelle note di diesel spesse. L’alcol è clamorosamente assente, la frutta è poca e si ferma a un cedro sudato, che prelude a una lunga, burrosa nota di panettone. Sprazzi di cumino e un senso quasi di pietanza tandoori. Namastè. P: pienissimo e di nuovo inspiegabilmente quasi per nulla alcolico nonostante i 62 gradi. La torba è più potente e bruciata ma non sgraziata: tizzoni ardenti ed erbe carbonizzate (ancora maggiorana e timo). Riesce in un secondo miracolo dopo la sparizione dell’alcol, cioè la comparsa di una cremosità da crème (molto) brûlée. Glassa della colomba, di nuovo orzo. E ancora quell’accenno di formaggio e spezie orientali in crescendo, quasi un curry verde con latte di cocco. F: cereale torbato, fumo soffuso, crema dolce e gelsomino lieve. Lunghissimo e spunta pure del cioccolato, con burro di cacao e sale.
Qualcosa di unico, delizioso da ogni punto di vista. Potente, evocativo, torbatone, marittimo, con un alcol estremamente integrato e un clamoroso equilibrio di dolcezza e spezie su un letto di fumo. 91/100.

Ledaig 10 y (2010/2020, Chorlton, 57%)
Bourbon barrel da cui sono state ricavate 197 bottiglie. Oscar per l’etichetta più bella: un bellimbusto con una canna da pesca sulla spalla porta a spasso mezzo cane. La metà posteriore probabilmente aveva da fare. N: non si sente immediatamente il whisky in questa pescheria… In effetti il senso di orata al forno è stordente. Se possibile, si fa ancora più intenso, passando a note più saline, tipo ostrica con la sua bell’acquetta e la salicornia accanto. E succo di limone spremuto sopra. Senza dimenticare la torba, ovviamente, che è bella graffiante. Una freschezza salvifica di menta e aghi di pino stempera il tutto. Col tempo ecco gonfiarsi un profumo di olio delle lampade, non esattamente bruciato ma comunque combusto. Pesce, olio e vaniglia, la nuova triade dopo dio, patria e famiglia. P: decisamente più dolce di quanto facesse presagire il naso estremo, con una teoria di frutta bianca candita (pera? sicuramente limone). La gioventù si sente, ma è un valore. La torba è fieramente isolana, dolce e bruciata come i calamari alla griglia, e come i calamari ha anche un tocco di inchiostro. Anche qui il secondo palato è cremosino e vanigliato, ma con una dimensione casearia che stasera non avevamo ancora colto: pannacotta salata? F: una torba infinita, oleosità levigata e una dolcezza fresca di budino con la menta.
Più ruggente rispetto al Lochindaal, e tutto sommato per essere un Ledaig non eccessivamente sporco. Resta un inno viscoso alla potenza del mare e alla sua ricchezza. 87/100
Sottofondo musicale consigliato: Bardcore – Smoke on the water (scusate, non potevamo resistere)