Ricordate lo splendido Port Charlotte in sherry imbottigliato da D’Ambrosio, Di Lillo e Nadi Fiori qualche anno fa? Il trio ha replicato l’anno scorso, questa volta con un single cask ex-bourbon di 6 anni: 216 bottiglie ripartite per tre, fanno 72 bottiglie a testa – ogni versione ‘personale’ è segnalata dalla retroetichetta, firmata di volta in volta da uno solo dei tre amici. Ne mettiamo una copia (presa da whiskybase, grazie al lavoro di catalogazione di Glen Maur) a firma D’Ambrosio, in cui si può leggere una storia interessante, che vi spiegherà perché con questa etichetta c’è anche un’altra versione, a 50%…
N: beh, si intuisce immediatamente la stoffa del campione. Esibisce fin da subito una massiccia marinità pulviscolare (wtf?!), come quando sul molo il vento ti sbatte nelle narici aria e acqua di mare… Alghe. Una intensa mineralità torbosa accompagna il mare, con fortissime evidenze di lana bagnata. Molto nudo e tagliente, sembra di rotolarsi su un prato di erba falciata, appena dopo la pioggia. Oltre a un senso di limone ancora molto vegetale e pungente (lemongrass, o il bianco del limone), si riesce a scorgere appena una velata nota ‘dolce’ di borotalco, diciamo. La gioventù si evince anche da un fumo veramente ficcante ed acre, tutto su cenere e motore diesel. In crescita note di erbe aromatiche (rosmarino?), magari abbrustolite sul fuoco… Solo il tempo (diciamo una mezz’ora) lascia uscire note di caramelle di zucchero.
P: ottimo il corpo, anche a 46%: oleoso e masticabile com’è, spara bordate di sapore che neppure Roberto Carlos quando ancora era magro. Rispetto al naso, spicca una dolcezza più marcata (anche se certo non ruffiana), tutta tra vaniglia e liquirizia. Per il resto, il profilo è molto coerente, con una chiara sapidità, note ancora erbacee, di erbe aromatiche; cresce un’affumicatura bella ‘sporca’, da tubo di scappamento, da plastica fusa più che da braci. Poi, più nette sono note medicinali (quasi di garza).
F: qui il mare è predominante, un’ondata travolge gli ultimi lacerti di dolcezza vanigliata: tutto il resto è fumo. Plastica bruciata.
Non ha molto senso perdersi in troppi giri di parole, e sappiamo che Giorgio, che speriamo ci legga, sarebbe perfettamente d’accordo: è buono, anche a 46% ha un’intensità impressionante. Come al solito in questi casi apprezziamo l’austerità, la ‘serietà’ di un whisky godibilissimo ma nudo, severo, tutto incentrato sul lato più wild di Port Charlotte, senza concessioni a botti troppo marcanti: 88/100 è il verdetto, speriamo di riuscire a riassaggiarlo presto!
Sottofondo musicale consigliato: Send Medicine – Who am I feeling?