Continuiamo a farci schifo da soli, e stavolta non solo perché abbiamo un evidente problema di dipendenza dall’alcol. No, ci facciamo schifo perché anche oggi recensiamo roba di rara arroganza. Sappiamo che prima o poi i samples finiranno e ci toccherà tornare a recensire new make invecchiato in scatolette di sgombri sott’olio, ma fintantoché abbiamo questa fortuna, continuiamo a bere ambrosia.
Nella fattispecie, il nettare divino odierno è un Bunna di 40 anni imbottigliato da The Whiskyman, etichetta indipendente belga dietro alla quale si cela Dominiek Bouckaert. Un “whisky di compleanno” in 155 bottiglie. Compleanno di chi? Non nostro (e per i curiosi, il compleanno era di 4 membri del Lindores Whisky Club ovvero Dirk, Geert, Christophe e Dominiek), ma ci imbuchiamo nei festeggiamenti.
N: banana e chiesa. Che binomio straordinario, e senza nemmeno alcun riferimento ai problemini di certo clero. Ma lasciateci spiegare questo accostamento surreale. Innanzitutto c’è un sentore di cera sciolta di candela, ma lasciata lì, proprio come sugli altari delle chiese. E delle chiese ci sono anche note di gesso e di paramenti stantii, polverosi ma al tempo stesso intrisi di profumi antichi. In questa atmosfera austera, un po’ misteriosa, esplode una vivacità da botte ex bourbon attivissima, con yogurt alla banana, vaniglia, chips di mela, papaya, cedro candito, pere essiccate. La frutta è molto esterificata, fa capolino anche l’ananas, con qualcosa che ricorda il rum. Ma c’è di più: un accenno di florealità “matura”, come i vestiti della nonna (geranio?) e un senso di marinità e iodio, sale asciugato sul molo. Che complessità.
P: beh, qui dalla chiesa passiamo in paradiso. Ha la rotondità di un cerchio di Giotto: vellutato, avvolgente, dolce. La frutta è ancora più evoluta, perde quasi la fisicità, diventa un’idea di banana, pesca gialla, susine. Tutto trasfigurato in una crema viscosa, dove si distingue ancora la cera e si aggiunge una dimensione più grassa, squisitamente oleosa. Olio di semi, olio d’oliva, anche burro d’arachidi quasi. Una nota chiama l’altra e questo corpo così masticabile, burroso e sapido, ricorda gli shortbread salati. Lo hanno imbottigliato prima che cominciasse la fase declinante, bravissimi ragazzi fiamminghi!
F: lungo, appagante, grasso e pastoso. Banana, cioccolato bianco, marzapane e di nuovo un accenno floreale, ma delizioso. Legno? Quasi impossibile da cogliere. E a 40 anni è un miracolo.
Ripartiamo proprio da questo miracolo per dire che sì, è un altro 92/100, a costo di essere noiosi e prevedibili. Il fatto è che whisky del genere spesso si giocano tutto al naso, dove accatastano sensazioni e qualità, per poi deludere un po’ le aspettative al palato. Qui se possibile il palato è ancor più incredibile del naso, già di per sé eccezionale in termini di vivacità ed equilibrio di note apparentemente impossibili da sposare fra loro. In bocca è semplicemente spettacolare, pieno, una soddisfazione totale. Tipo quando vai sull’home banking per pagare una multa e ti accorgi che ti hanno accreditato lo stipendio. Sì, è una cosa gretta e venale, ma stavamo prendendo una piega troppo poetica, bisognava riequilibrare.
Sottofondo musicale consigliato: Demoniciduth – Dogs of Antichrist